        Venerd&igrave; 29 giugno 1984, quando si present&ograve; in pista per le qualifiche del GP Olanda classe 125, Maurizio Vitali s&rsquo;era ripromesso una cosa: evitare a tutti i costi di fare la pole. Cos&igrave;, pensava, avrebbe verificato se la maledizione di cui si sentiva vittima era realt&agrave; o fantasia. Durante quella stagione era partito al palo gi&agrave; in tre occasioni, finendo sempre nei guai, per un motivo o per l&rsquo;altro. L&rsquo;obiettivo, poi riuscito, era la prima fila ma senza aver siglato il miglior crono, per capire se cos&igrave; la sfortuna l&rsquo;avrebbe ignorato. Il giorno della gara, dopo le schermaglie iniziali, la strategia sembrava funzionare: il romagnolo, 27 anni, guidava la corsa e gli veniva tutto facile. L&rsquo;indicatore della temperatura dell&rsquo;acqua, sullo zero, non lo preoccupava: si sar&agrave; rotto lo strumento, pens&ograve;. Invece, funzionava eccome. Era al massimo, non al minimo: il calore aveva fatto fare il giro alla lancetta! Il bicilindrico due tempi della sua MBA alz&ograve; bandiera bianca, smentendo la tesi della pole stregata e confermando una teoria pi&ugrave; datata: quando la vittoria sembrava l&igrave;, a un passo, ne succedeva sempre una. Il caso pi&ugrave; eclatante un paio d&rsquo;anni prima a Misano, con una rottura a meno di un giro dalla bandiera a scacchi mentre si preparava per un finale di fuoco contro nientemeno che il futuro 12+1 volte campione del Mondo Angel Nieto. In qualche modo ai forfeit tecnici Vitali impar&ograve; a farci l&rsquo;abitudine, mentre le luci della ribalta non l&rsquo;hanno mai visto a suo agio. Nel 1983 a Imola, circondato da tifosi e curiosi dopo il primo successo nel Motomondiale, ignor&ograve; tutti e rientr&ograve; a casa senza tante cerimonie. Di vittorie ne colse due, ma potevano essere di pi&ugrave;. Innamorato della guida ma poco attratto dall&rsquo;aspetto tecnico dei mezzi con cui ha corso, compens&ograve; con l&rsquo;istinto ci&ograve; che mancava sul fronte della conoscenza. Uno stile improntato sulla forza, che conobbe una svolta nel 1983 quando il romagnolo ricevette una rivelazione: in un contesto sacro, avrebbe visto un paio d&rsquo;angeli avvolti in un fascio di luce e ascoltato un coro di voci bianche. Si trovava invece a bordo pista durante un turno di prove della classe 500: furono Freddie Spencer e Kenny Roberts a &ldquo;confidargli&rdquo; il segreto.  Continua nella prossima pagina EWC, 8 Ore di Suzuka: Suzuki al via col team CN Challenge Maurizio Vitali si racconta  Cosa accadde?  &ldquo;A Jarama, ero in compagnia del mio futuro cognato, che voleva scattare qualche foto. C&rsquo;era una doppia curva a sinistra: i primi a passare frenarono tardi e forte, entrarono con la forcella schiacciata, abbastanza &lsquo;impiccati&rsquo;, poi via in accelerazione. A un certo punto, ecco Spencer e Roberts: toccarono i freni prima degli altri e con maggiore delicatezza. Cos&igrave; le moto si scomposero meno e quando andarono a piegare l&rsquo;assetto non era in crisi. Avevano molta pi&ugrave; velocit&agrave;, una cosa impressionante. Pi&ugrave; tardi, quando scesi in pista per il mio turno, replicai quel modo di guidare. Non fu una cosa elaborata mentalmente, era come se l&rsquo;avessi assorbita in modo naturale. Fui rapidissimo: feci la mia prima pole. Fu una svolta&rdquo;.  E in gara?  &ldquo;Andai in testa, ma il motore inizi&ograve; a calare. Eugenio Lazzarini mi riprese e mi super&ograve;. A quel punto, secondo le mie impressioni, rallent&ograve;. Forse voleva agevolare il rientro del suo compagno di squadra, Nieto, che correva in casa ed era attardato. In uscita da una curva stretta esit&ograve; nell&rsquo;aprire il gas. Nel giro successivo fece la stessa cosa e mi spazientii. Nella sinistra successiva, da quarta marcia, feci una manovra da matto: lo passai all&rsquo;esterno prendendomi un bel rischio, perch&eacute; oltre l&rsquo;asfalto c&rsquo;erano appena venti centimetri d&rsquo;erba e un guard-rail. In uscita allargai il gomito per scansarlo. Non ricordo se ci toccammo&rdquo;.  Eri uno aggressivo?  &ldquo;Se serviva, mi facevo rispettare. Gli equilibri si stabilivano cos&igrave;. Sempre in quella gara, poco dopo venni raggiunto da Nieto. Visto il mio motore, fiacco, mi affianc&ograve; sul rettilineo e inizi&ograve; a stringermi contro il muretto dei box. Tutt&rsquo;altro che intimorito, semmai arrabbiato perch&eacute; senza problemi tecnici forse avrei vinto con 20 secondi di vantaggio, praticamente gli lanciai la moto addosso. Lui se ne accorse in tempo e mi evit&ograve;&rdquo;. Come fin&igrave;?  &ldquo;Pensavo che una volta al parco chiuso ci saremmo messi le mani addosso. Che lui fosse arrabbiato. Invece, non mi disse nulla. Da quel giorno, non mi ha pi&ugrave; ostacolato&rdquo;.  L&rsquo;anno prima, a Misano, tu e Nieto avevate battagliato fino all&rsquo;ultimo giro.  &ldquo;Eravamo disposti a tutto. Per quanto mi riguarda, anche a combinare dei danni. Come da copione, il mio bicilindrico cal&ograve; e sul dritto ero penalizzato. Nonostante tutto, nel giro decisivo ero davanti: prevedevo un attacco di Nieto all&rsquo;ultima curva, ma non ci arrivai, perch&eacute; la moto mi moll&ograve; prima. Colpa di una vite larga tre millimetri e lunga 1,5&rdquo;. Lo spagnolo, tagliato il traguardo da vincitore, si ferm&ograve; a bordo pista e venne caricato su un&rsquo;ambulanza: era acciaccato, reduce da una caduta la settimana prima mentre correva con una Honda 500. Fu Nieto il tuo rivale pi&ugrave; tosto?  &ldquo;S&igrave;, senza dubbio. Veloce, grintoso, intelligente, ambizioso, determinatissimo. Anche generoso. Penso all&rsquo;ultima gara del 1984. Anche se aveva gi&agrave; vinto il titolo della 125, corse al Mugello perch&eacute; la Garelli, per la quale era ufficiale, voleva monopolizzare il podio. Oltre a lui e Lazzarini, schierava Fausto Gresini. Ero il pi&ugrave; veloce, ma Nieto ci prov&ograve; comunque. Poteva accontentarsi, invece cadde e si fece pure male&rdquo;.  Quella fu la tua seconda vittoria nel Motomondiale, la prima era arrivata un anno prima a Imola: un&rsquo;emozione particolare?  &ldquo;Nemmeno tanto. Finita la corsa, attorno alla mia tenda si radun&ograve; un sacco di gente. Ma io non vedevo l&rsquo;ora che se ne andassero via tutti. Praticamente li ignorai, continuando a sistemare la mia roba. Raccolsi la tenda canadese, caricai tutto sul furgone e me ne andai. Non mi interessava apparire, anzi, ero piuttosto solitario, nel paddock. Pensavo a correre e basta. Nemmeno vincere era una priorit&agrave;. Una volta fui contentissimo per un 10&deg; posto dopo una bagarre esaltante&rdquo;.  Continua nella prossima pagina &nbsp; Vitali: l'intervista  Nel 1984, l&rsquo;avvio fu notevole: sempre in pole nei primi tre GP.  &ldquo;A Misano in gara chiusi secondo, in Spagna e Germania mi ritirai. A quel punto iniziai a pensare che finire primo nelle qualifiche portava male. Due GP pi&ugrave; tardi, in Olanda, evitai apposta di fare la pole: siglavo il primo tempo provvisorio, tornavo ai box e rientravo soltanto quando dal monitor notavo che ero sceso in seconda fila. In quel periodo ero in stato di grazia, giravo forte e mi veniva facile. Stavo ancora sfruttando il segreto rubato a Roberts e Spencer&rdquo;.  Come and&ograve; in gara ad Assen?  &ldquo;Ero davanti, quando vidi che la temperatura era a zero. Pensavo si fosse guastato l&rsquo;indicatore, invece era alle stelle! Colpa di un tubicino del radiatore, che mi lasci&ograve; senza acqua, cottura completa. Doppia beffa: oltre a veder evaporare una possibile vittoria, dovetti mettere mano al portafogli per pagare i danni&rdquo;.  Come gestivi i fondi?  &ldquo;Mi compravo la moto e ci andavo a correre. La assemblavo io stesso, anche se di tecnica ne masticavo poco. Mentre gli altri giocavano con la carburazione, io non cambiavo nemmeno i getti del massimo. Dell&rsquo;Orto 160, lo ricordo ancora. Feci tutta la stagione con quelli. A un certo punto mi sponsorizz&ograve; un marchio di birra, Stella Artois. L&rsquo;importatore era di Bellaria come me e un giorno mi chiese di stilare un budget. Dopo averlo messo su carta, preoccupato da somme che mi sembravano troppo alte, iniziai a tagliare qua e l&agrave;. Quando gli presentai la cifra, mi disse: &lsquo;Dove vuoi andare con questi? Sono pochi!&rsquo;. Mi diede di pi&ugrave;, ma alla fine non bastavano comunque&rdquo;.  Nel 1985 eri in 250 da ufficiale Garelli, compagno di squadra di Nieto.  &ldquo;Lui aveva un motore pi&ugrave; spinto del mio, veloce ma anche pi&ugrave; cattivo e difficile. Angel era a fine carriera, all&rsquo;anagrafe aveva dieci anni pi&ugrave; di me che ne avevo 28, aveva meno motivazioni. Non si qualificava nemmeno. La domenica diceva al team di montare il suo bicilindrico sulla mia moto. In gara poi, mi ci voleva qualche giro per adattarmi all&rsquo;erogazione. La Garelli era ben messa come cavalli, ma si rompeva. La ciclistica era nata gi&agrave; vecchia: lunga d&rsquo;interasse, era bassa e con poca escursione nelle sospensioni, l&rsquo;angolo del cannotto di sterzo troppo aperto. Nel guidarla, sembrava di dover spostare un camion&rdquo;.  Con te la Garelli 250 venne sviluppata?  &ldquo;Non grazie al mio contributo. Non fui molto utile perch&eacute; non riuscivo a dare indicazioni. Faceva parte del mio modo di essere e di guidare: se non giravo abbastanza forte, ci mettevo pi&ugrave; cattiveria. Non cercavo di capire e sistemare&rdquo;.  Hai mai cambiato approccio, da questo punto di vista?  &ldquo;No. Nel 1986 in Svezia ottenni il miglior piazzamento in 250, un quarto posto in condizioni miste. L&igrave; la Garelli andava bene perch&eacute; le curve sopraelevate ne valorizzavano la stabilit&agrave; e c&rsquo;erano pochi punti in cui serviva maneggevolezza. Poi andammo a Misano, dove pensavo di volare. Invece, nelle prove ero lento. Rientrato ai box buttai l&igrave; una proposta senza troppe basi: chiesi di allungare i rapporti, una corona con tre denti in pi&ugrave;. Funzion&ograve;: conquistai la prima fila. Ma fu una botta di c&hellip; E comunque in gara mi ritirai dopo qualche giro per un problema tecnico. Tanto per cambiare&rdquo;.  Rimpianti?  &ldquo;In 250 a un certo punto emerse la possibilit&agrave; di andare in Yamaha. Avevo ricevuto un&rsquo;offerta da Giacomo Agostini, ma poi i giapponesi imposero un pilota del Sol Levante e sfum&ograve; tutto. Avevo anche offerte da Honda, che scartai, e Aprilia. Andai a Noale e mi presi una settimana per riflettere. Pensai: loro hanno Loris Reggiani, non &egrave; pi&ugrave; bello se io resto alla Garelli, un altro italiano su moto italiana, e vediamo cosa succede? C&rsquo;era pi&ugrave; poesia. Per la mia carriera fu uno sbaglio. E l&rsquo;ho pagato&rdquo;.        

"Vinsi due gare in carriera: poche se penso ai numerosi guai meccanici, ma tante se rifletto sui mezzi a disposizione e sulla mia conoscenza tecnica, non certo infnita"

Maurizio Vitali: "Scelsi la Garelli. C'era più poesia, ma pagai quella scelta"

        La vittoria di Motegi ha assunto una valenza particolarmente importante per Pecco Bagnaia e non solo. Con la vittoria in terra giapponese, il tre volte campione del mondo ha infatti conquistato l'ottavo sigillo stagionale, entrando in un ristretto club elitario di piloti in grado di vincere otto o pi&ugrave; gare nell'arco di una singola annata, raggiungendo piloti del calibro di Valentino Rossi, Casey Stoner, Jorge Lorenzo e Marc Marquez, per citare alcuni piloti riguardanti l'era della MotoGP. Ma la vittoria nipponica non corrisponde solo ad un record personale del campione di Chivasso bens&igrave; anche alla rottura di una barriera particolarmente prestigiosa che riguarda l'intera nazione. Con questo successo infatti, l'Italia raggiunge i novecento successi nei GP se considerate tutte le classi, diventando la prima nazione del mondo a raggiungere tale obiettivo. MotoGP: nuova brand identity dal 2025  La corsa di Bagnaia verso l'&eacute;lite del motociclismo Non &egrave; un caso che un successo del genere sia stato centrato da Bagnaia, il leader del movimento motociclistico italiano nel post ritiro di Valentino Rossi, e protagonista di una scalata vertiginosa verso l&rsquo;olimpo delle leggende ogni epoca. Bagnaia ha infatti scollinato quota 36 nella classifica dei piloti pi&ugrave; vincenti di sempre in termini di GP, occupando la diciassettesima posizione assoluta nonch&eacute; la quinta relativamente ai piloti italiani. Solo Giacomo Agostini, Valentino Rossi, Max Biaggi e Carlo Ubbiali sono al momento pi&ugrave; vittoriosi di Bagnaia in termini di GP portati a casa; un traguardo particolarmente importante per il campione di Chivasso, destinato a migliorarsi ulteriormente in virt&ugrave; del fatto che Ubbiali, il pi&ugrave; vicino a precederlo, si trova a sole tre lunghezze. Il possibile sorpasso ai danni di Max Biaggi In cima a questa particolare classifica troviamo Giacomo Agostini, fautore di 122 successi dei novecento complessivi; seguito a breve distanza da Valentino Rossi a quota 115. Terza casella per Max Biaggi autore di 42 successi, tre in pi&ugrave; di Ubbiali. Al quinto posto troviamo al momento dunque proprio Bagnaia, a quota 36, numero destinato ad aumentare nel breve periodo; il campione di Chivasso precede Luca Cadalora, da poco superato e fermo a quota 34 vittorie. Settima casella occupata da Loris Capirossi con 29 trionfi seguito da Pierpaolo Bianchi ed Eugenio Lazzarini a quota 27, la top ten dei piloti italiani pi&ugrave; vincenti di sempre &egrave; completata da Walter Villa e Andrea Dovizioso, appaiati in nona posizione a quota 24 trionfi ed infine Marco Melandri, con 22 successi.  Moto3, Alonso, un titolo in Sud america dopo Carlos Lavado       

Con la vittoria di Motegi, il campione di Chivasso ha regalato la 900esima vittoria della storia del motociclismo italiano nel motomondiale

MotoGP: Bagnaia centra la 900esima per l'Italia, è il quinto italiano più vincente

        La MotoGP si appresta a compiere i suoi primi 75 anni di storia, una data estremamente significativa per un'avventura gloriosa che ha vissuto diverse epoche e che ha attraversato momenti storici particolarmente rilevanti e sempre ricchi di sfumature molto eterogenee tra loro,&nbsp;tanto da un punto di vista socio-culturale quanto prettamente sportivo. Una storia fatta di uomini, nella declinazione di "piloti", i quali hanno caratterizzato l'epica sportiva del motorsport, generando un'eredit&agrave; che ancora oggi &egrave; tangibile, ma anche di case costruttrici che attraverso le competizioni hanno scritto la storia della cultura pop dell'Europa prima, e del mondo in un secondo (fondamentale) momento.&nbsp;Un percorso caratterizzato in lunga parte dai colori italiani, sia nell'accezione dei costruttori quanto dei corridori, tanto da ricoprire le pi&ugrave; alte vette delle statistiche pi&ugrave; importanti maturate fino ad oggi.&nbsp; MotoGP, KTM (Tech3) ha scelto: Bastianini e Vinales coppia 2025 Il big bang nel 1949: Italia ed Inghilterra al comando 75 anni fa, alle ore 11 di luned&igrave; 13 giugno 1949, sull'affascinante e successivamente storico tracciato dell'Isola di Man, veniva calato il sipario sul campionato del mondo.&nbsp;Il primo vincitore fu Freddie Frith, trionfante nella categoria 350 in sella alla Velocette; da quel momento, cos&igrave; ricco di simbologie e significati, sono stati registrati 3.392 Gran Premi, per un totale di&nbsp;31 nazioni e 75 tracciati coinvolti, nonch&eacute; di pi&ugrave; di 6000 piloti partecipanti. Un anedotto dall'elevato tasso pionieristico riguarda invece il pilota neozelandese&nbsp;Sid Jensen, il primo pilota della storia del motomondiale a far rombare il proprio motore nella sessione di prove di un GP. Per assicurarsi il primato, nel cuore della notte precedente Jensen aveva piazzato la sua AJS 350 sulla linea del traguardo, sei ore prima dell'inizio del turno, in programma alle 5 di mattina. Mentre lui si riposava in un posto limitrofo, alcuni amici facevano la guardia alla moto.&nbsp; Sebbene la dicitura "campionato del mondo" evidenziava la matrice globale della competizione, i primi anni furono connaturati da una forte prevalenza europea, in particolar modo di Inghilterra e Italia, le due potenze riferimento nell'ambito sia dei piloti che delle case costruttrici. Il mondiale nacque, come detto, nel 1949, un anno prima della creazione della Formula 1, a dimostrazione di una comunit&agrave; e di un contesto che erano gi&agrave; pronti da tempo ad esordire in senso mondiale. Tuttavia la seconda guerra mondiale ritard&ograve; i lavori; al termine della stagione sportiva del 1948, la Federazione Internazionale dei Club Motociclistici, istitu&igrave; il campionato del mondo, rinominando in tal modo il precedente "campionato motociclistico d'Europa" (in vita dal 1924) con l'intento di attirare nuove case e nuovi piloti anche da oltreoceano. Il campionato d'Europa venne caratterizzato in lunga parte dai piloti inglesi e da quelli italiani e la prima edizione del mondiale vide la prosecuzione di questo trend in tutte e quattro le categorie previste: 125, 250, 350, 500.&nbsp;Nello Pagani trionf&ograve; tra le piccole cilindrate in sella alla F.B. Mondial, la prima casa italiana a vincere un mondiale in 125. Successo tricolore a tutto tondo anche nella classe 250, in cui a imporsi fu&nbsp;Bruno Ruffo insieme alla Moto Guzzi. A spartirsi le categorie maggiori furono gli inglesi Freddie Frith, campione del mondo della 350 in sella alla Velocette, e Leslie Graham, primo campione del mondo della classe regina, la 500, in sella alla AJS, casa motociclistica inglese che smise di produrre moto nel 1974. MotoGP, KTM ha scelto: VInales e Bastianini coppia 2025 Pilota e moto, un connubio evolutosi nel tempo Il fascino dell'evoluzione sia fattuale che percettiva del motomondiale ha coinvolto l'equazione di base della nostra passione, ovvero il connubio tra uomo e macchina, tra pilota e moto, con tanto di progresso, scientifico, tecnologico e umano, in entrambe le accezioni. Negli anni '50 e '60, l'allenamento dei piloti era molto meno strutturato e scientifico rispetto a oggi; in molti si affidavano principalmente alla loro abilit&agrave; naturale e all'esperienza accumulata in pista. L'allenamento fisico era spesso limitato e non esistevano programmi di allenamento specifici per i piloti di moto. La preparazione consisteva principalmente in pratica e competizioni, con poca attenzione alla dieta, alla forza muscolare o alla resistenza aerobica. Un trend che con il due volte campione del mondo della 500 (1950,1952),&nbsp;Umberto Masetti&nbsp;prima, (considerato il primo "divo" del motociclismo), ma specialmente con&nbsp;Giacomo Agostini&nbsp;poi, &egrave; radicalmente cambiato, avvicinando il motorsport ad un approccio pi&ugrave; professionale e maggiormene canonico. I piloti moderni seguono, infatti, programmi di allenamento molto rigorosi e scientificamente studiati. L'allenamento include una combinazione di esercizi cardiovascolari, allenamento di forza, flessibilit&agrave; e reattivit&agrave;. Molti piloti adesso lavorano con personal trainer, nutrizionisti e psicologi sportivi per ottimizzare ogni aspetto della loro performance, aspetti impensabili agli albori del motomondiale. La tecnologia ha anche rivoluzionato l'allenamento, con simulatori di guida, analisi dei dati e altri strumenti avanzati che permettono ai piloti di migliorare costantemente. In un certo senso, i piloti degli anni '50 e '60 rappresentavano l'essenza della sfida umana contro l'ignoto e il pericolo, con tutte le annesse problematicit&agrave; del caso legate alla sicurezza.&nbsp;Erano esploratori di un nuovo mondo, affrontando l'incertezza con coraggio e determinazione. Le loro storie sono un tributo alla resilienza umana e alla volont&agrave; di spingersi oltre i limiti. I piloti moderni, invece, incarnano l'evoluzione della disciplina e della tecnica, la loro dedizione alla preparazione e all'ottimizzazione riflette il cambiamento della nostra comprensione del potenziale umano e tecnologico. Non si tratta pi&ugrave; solo di affrontare il pericolo, ma di padroneggiare ogni aspetto della performance umana e sportiva attraverso la scienza e la tecnologia. Essi rappresentano la fusione tra uomo e macchina, in cui &egrave; evidente un cambiamento nella concezione di spettacolo, coraggio e preparazione. Passa alla prossima pagina &nbsp; Il primo decennio: da Carlo Ubbiali a Geoff Duke e John Surtees Il dominio delle case costruttrici italiane: su tutte Benelli, Gilera, Moto Guzzi e Mondial, s'interruppe nel 1957 quando le sopracitate, insieme alla MV Agusta, (quest'ultima pro tempore) si ritirarono dalla scena del motomondiale a causa dei costi sempre pi&ugrave; elevati e dell'incertezza del ritorno dell'investimento economico sull'asse competizione\mercato stradale. Fino a quel momento, per&ograve;, Gilera ed MV Agusta in prevalenza, avevano fatto il bello e il cattivo tempo in classe regina, portando al successo piloti come Geoff Duke (Gilera), leggendario corridore inglese vincitore di 6 titoli mondiali; John Surtees (MV Agusta) sette volte iridato nonch&eacute; unico pilota della storia del motorsport ad aver vinto almeno un titolo sia nel massimo campionato mondiale su due ruote che in Formula 1, e Libero Liberati, (soprannominato "il ternano volante") campione del mondo proprio nel 1957. Quegli anni segnarono anche il dominio di un'altra figura leggendaria del motociclismo italiano e mondiale, Carlo Ubbiali, il mago delle piccole cilindrate dall'alto dei suoi sei sigilli in 125 e dei tre nella 250. I primi passi di Honda ed il dominio Giacomo Agostini-MV Agusta&nbsp; Nel 1961 una casa costruttrice proveniente dal Giappone inizi&ograve; a muovere i suoi primi vincenti passi, si trattava della Honda, il colosso di Tokyo vinse il suo primo titolo in 125 grazie al pilota australiano Tom Phillis, il quale segn&ograve; l'inizio di un lungo e fortunato percorso nelle competizioni motociclistiche per la casa dell'ala dorata. Honda port&ograve; al successo anche Mike Hailwood, in 250 nello stesso anno, e apr&igrave; un ciclo vincente con il rhodesiano Jim Redman, due volte campione della 250 prima di cedere lo scettro a Phil Read, futuro compagno di squadra di Giacomo Agostini in 500. Gli anni sessanta furono contraddistinti in un primo momento dalla prima rivalit&agrave; storica delle due ruote, ovvero quella tra Hailwood, (soprannominato "Mike The Bike" per la sua abilit&agrave; di andar forte con qualsiasi mezzo a motore) e Giacomo Agostini (memorabili i duelli delle edizioni 1966 e 1967 sull'Isola di Man); e in un secondo dal dominio assoluto del 15 volte iridato, capace di trionfare in classe regina per ben otto edizioni, al quale vanno aggiunte i sette sigilli della 350, per un totale di 122 vittorie nei GP. Numeri che ancora oggi lo rendono il pilota pi&ugrave; vincente di sempre sia in termini di mondiali che di GP vinti. Brivio su Roberts: "Ci piacerebbe avere un pilota americano" Passa alla prossima pagina &nbsp; L'esclusione del TT e l'avvento del motore 2T A Giacomo Agostini sono legati due tra gli avvenimenti pi&ugrave; significativi della storia del motomondiale; ci riferiamo all'esclusione definitiva della gara del TT sull'Isola di Man dal calendario mondiale e dell'avvento dei motori a due tempi, pronti a subentrare ai quattro tempi. Il Tourist Trophy dell'Isola di Man fu parte integrante del calendario del motomondiale fin dalla sua istituzione nel 1949 e fu escluso dalle competizioni mondiali nel 1976 a causa delle crescenti preoccupazioni per la sicurezza dei piloti. Numerosi incidenti mortali e gravi infortuni segnarono la storia della corsa, alimentando le crescenti preoccupazioni tra i piloti e gli organizzatori. Nel 1972, Giacomo Agostini, sicuramente il pilota pi&ugrave; illustre ed ingombrante del circus, rifiut&ograve; di correre al TT, citando le condizioni insostenibili di sicurezza del percorso. La sua presa di posizione fece eco tra molti altri piloti, evidenziando un problema che non poteva pi&ugrave; essere ignorato e che port&ograve; successivamente alla decisione del 1976. Durante gli anni '60, diverse case motociclistiche iniziarono a sperimentare e a sviluppare le loro moto con i motori a due tempi. Questi motori offrivano alcuni vantaggi significativi rispetto ai motori a quattro tempi, tra cui una maggiore potenza per unit&agrave; di cilindrata e una costruzione meccanica pi&ugrave; semplice e leggera. Questo rese le moto due tempi particolarmente competitive nelle classi inferiori del motomondiale, come la 125cc e la 250cc. La svolta decisiva avvenne per&ograve; negli anni '70, quando le moto a due tempi cominciarono a dominare anche nelle classi maggiori. Yamaha e Suzuki furono le principali protagoniste di questa transizione. Nel 1975 Yamaha vinse il suo primo titolo mondiale nella classe 500 con Giacomo Agostini, che fu tra i primissimi a capire il cambio di passo che la suddetta tecnologia avrebbe portato, lasciando la sua storica compagna di viaggio, la MV Agusta, per approdare presso la corte di Iwata; una scelta che si rivel&ograve; tanto azzardata quanto vincente. Anche la Suzuki inizi&ograve; a ottenere successi significativi con i motori a due tempi, grazie ai titoli di Barry Sheene nel 1976 e del 1977, andando cos&igrave; a confermare la nuova tendenza.&nbsp; L'epopea dei "cowboys": da Kenny Roberts a Kevin Schwantz Mentre Angel Nieto dominava le piccole cilindrate (la classe "80" e la "50" a cavallo tra gli anni 70' e 80'; 13 mondiali per lo spagnolo), la 125 fu segnata dai successi dello svedese Kent Anderson, nel biennio 1973-1974, e degli italiani Paolo Pileri e Pierpaolo Bianchi, entrambi in sella alla Morbidelli, fino al titolo del 1978 di Eugenio Lazzarini con la MBA. In 250 furono Walter Villa prima e Anton Mang dopo ad ergersi a dominatori; tre titoli consecutivi dal 1974 al 1976 per l'italiano insieme alla Harley Davidson, e nel 1980\81 e 87 per Mang, prima con Honda e poi con Kawasaki. In classe regina fu invece il momento del tanto raccontato ed intrigante periodo dell'epopea americana. L'avvento dei piloti a stelle e strisce segn&ograve; ben pi&ugrave; di un decennio della classe regina, regalando delle gare mozzafiato nonch&eacute; una spettacolarit&agrave; che non fece altro che far guadagnare interesse attorno a tutto circus.&nbsp; Il tutto ebbe inizio con l'arrivo di Kenny Roberts, non a caso soprannominato, in maniera alquanto azzeccata vista la popolarit&agrave; che ebbe il seguente appellativo, "il Marziano". L'americano si rivel&ograve; sin da subito vincente, tanto da conquistare tre titoli consecutivi del 1978 al 1980, riuscendo nell'impresa di vincere subito nell'anno da rookie (impresa ripetuta solamente da Marc Marquez nel 2013) e portando con s&egrave; uno stile di guida innovativo legato all'appoggio del ginocchio in curva, che andava ad evolvere la stessa originale metodologia che qualche anno prima si era vista con il finlandese Jarno Saarinen. Gli americani continuarono a dominare per tutto il periodo successivo; dopo i sigilli di Marco Lucchinelli nel 1981 e di Franco Uncini nel 1982, i protagonisti furono Eddie Lawson, vincitore di quattro titoli, Wayne Rainey, dominatore dal 1990 al 1992, Kevin Schwantz, campione nel 1993 e Freddie Spencer, vincitore nel 1983 e nel 1985, nonch&eacute; ultimo pilota della storia a riuscire a vincere due titoli in due categorie differenti nello stesso anno (nel 1985 vincendo sia in 500 che in 250). Passa alla prossima pagina &nbsp; L'ultima fase della 500 2t e Mick Doohan Negli anni '90, nonostante il dominio continuo dei motori a due tempi, cominciarono a emergere le preoccupazioni riguardo alle emissioni e all'efficienza. Inoltre lo sviluppo di quei motori ormai portava a miglioramenti ridottissimi in fatto di prestazioni. Cos&igrave;, nel 2002, FIM e Dorna introdussero la MotoGP, una nuova classe che permetteva l'uso di motori a quattro tempi fino a 990cc. Da quel momento in poi, i motori a quattro tempi hanno riconquistato il loro posto, e oggi dominano tutte le classi del motomondiale.&nbsp; Tornando alle corse, il declino dell'era dei piloti americani coincise con l'ascesa al trono del pilota destinato a chiudere i battenti della lotta al titolo per ben cinque anni consecutivi, ovvero l'australiano Mick Doohan. Insieme alla Honda NSR 500 e all'innovativo motore a scoppi irregolari, moto tra le pi&ugrave; iconiche della storia del motomondiale, l'australiano domin&ograve; come non si vedeva dai tempi di Agostini, per un totale di 54 vittorie nei GP. Se in classe regina la scena fu presa totalmente dall'alfiere della Honda, nelle piccole cilindrate inizi&ograve; a svilupparsi l'alba del movimento italiano destinato a caratterizzare i primi anni 2000, creando una vera e propria dinastia. Loris Capirossi vinse due titoli in 125, nel 1990 e del 1991, trionfando poi nella classe di mezzo nel 1998. Oltre al pilota cresciuto a Borgo Rivola, a prendersi la scena in terra italica, tanto in pista quanto sotto i riflettori mediatici, fu&nbsp;il romano Max Biaggi, pilota dal talento cristallino e dalla guida fluida e scorrevole che domin&ograve; la 250 per quattro stagioni consecutive, dal 1994 al 1997, vincendo tre titoli con l'Aprilia (un quarto arrivo con la Honda NSR 250), creando un binomio divenuto cult nell'immaginario collettivo. La MotoGP al suo massimo: l'era di Valentino Rossi&nbsp; Nel 1998 "il Corsaro" esord&igrave; in 500 divenendo il principale rivale per il titolo di Doohan, il tutto mentre nella quarto di litro debuttava Valentino Rossi, gi&agrave; campione del mondo l'anno precedente in 125 e destinato a cambiare la rotta del motomondiale da l&igrave; a poco. L'impatto di Valentino Rossi nel motomondiale (nove volte iridato, sul gradino pi&ugrave; alto del podio in 115 GP e autore di 235 podi) fu come un meteorite dagli esclusivi benefici per tutto il movimento. Un connubio paragonabile a quello di Michael Jordan e la NBA. Il carisma, la personalit&agrave;, il modo di guidare ed il modo di festeggiare alle innumerevoli vittorie ottenute, oltre che di intavolare le rivalit&agrave; sportive sia in pista che fuori, (su tutte quella con Max Biaggi, divenuta la rivalit&agrave; per eccellenza) fecero le fortune della MotoGP, che crebbe in maniera smisurata grazie anche al progresso tecnologico in ambito di media e comunicazione, relativamente alla popolarit&agrave;, al seguito e all'appeal. I trionfi di Rossi e la sua era divennero la cartolina migliore della MotoGP grazie ad un pilota che in maniera trasversale ha coinvolto per la prima volta non solo fan e addetti ai lavori. La Spagna all'attacco: Marc Marquez e i giorni nostri La competitivit&agrave; di piloti come Loris Capirossi, Max Biaggi, Marco Melandri, Andrea Dovizioso,&nbsp;e il compianto Marco Simoncelli, diedero linfa costante e vincente al movimento italiano, il quale precedette, in quello che possiamo definire un nuovo passaggio di consegne, l'avvento dell'epopea spagnola, in parte ancora in atto, grazie a piloti come: Jorge Lorenzo, cinque volte campione del mondo, Daniel Pedrosa, tre volte campione del mondo e Marc Marquez, otto volte campione del mondo. L'impero di quest'ultimo, iniziato nel 2013, riport&ograve; in vetta la Honda, che negli anni precedenti dovette subire le vittorie della Yamaha di Rossi e Lorenzo e della Ducati di Casey Stoner. La storia iniziata con Pagani, Ruffo, Frith e Graham prosegue oggi, a distanza di 75 anni, con il nostro Pecco Bagnaia e l'egemonia Ducati, in un altro dei cicli che resteranno nella storia.  WDW 2024, MotoGP, SBK e BSB: sfida totale nella race of champions        

Nato nel 1949, nel suo lungo percorso il campionato del mondo (poi Motomondiale) ha scritto pagine epiche che hanno lasciato un solco nel mondo sportivo e nell'immaginario collettivo

Il motomondiale compie 75 anni: una storia di moto e campioni

        Elia Sammartin, indiscusso campione a livello nazionale e internazionale nel Supermotard, con un nuovo team e una nuova moto vuole provare l&rsquo;assalto al trono mondiale. La nuova stagione comincia cos&igrave; con nuovi stimoli, e con la Honda. Il veneto, detentore di cinque titoli italiani consecutivi, a cui aggiunge il titolo europeo S1 Lites, un alloro spagnolo Supermoto e un tricolore Junior, mira a confermare la sua posizione di spicco nella top class degli Internazionali d&rsquo;Italia e punta decisamente al titolo mondiale nella S1GP. Un anno di Supermoto | Manubri Larghi L'intervista a Elia Sammartin  Elia, quest&rsquo;anno hai cambiato tutto, team e moto: rischio o svolta? &ldquo;Il mio 2024 &egrave; iniziato con una bella novit&agrave;! Sono felice per questo nuovo rapporto con Honda RedMoto e Gazza Racing, credo sia una svolta importante per questa fase della carriera, i loro obiettivi coincidono con quello che voglio ottenere nei prossimi due anni. Ringrazio il CEO di Honda RedMoto, Egidio Motta, il responsabile commerciale Michele Berera e Gazza Racing di Max e Vittoria&rdquo;. Cosa ti ha spinto a cambiare squadra e moto? &ldquo;Ero in scadenza con TM/L30racing, i loro programmi non combaciavano con i miei, e verso la met&agrave; della scorsa stagione ho iniziato a valutare proposte da vari team. La mia scelta &egrave; stata influenzata dall&rsquo;ottimo lavoro svolto sulla CRF 450 e dai successi Honda dell&rsquo;ultimo anno&rdquo;. Quali erano le preoccupazioni di fronte a questo cambio? &ldquo;Ogni cambiamento pu&ograve; essere un rischio, anche pensando a una moto nuova che talvolta deve usare componenti di aziende sponsor&rdquo;. Il desiderio di cambiare era pi&ugrave; tuo o del Team L30? &ldquo;Dopo cinque anni con L30, sentivo il bisogno di una novit&agrave;. Sono grato a Ivan Lazzarini e alla TM per il supporto, ma l&rsquo;idea di diventare il pilota di punta della Honda era molto stimolante. Il programma di &lsquo;Gazza&rsquo; e Honda si presentava importante ed &egrave; quello di cui avevo bisogno mentalmente e professionalmente&rdquo;. Hai gi&agrave; provato la moto? &ldquo;No, per ora sono soltanto salito sulla moto da Cross ed &egrave; fantastica&rdquo;. Elia Sammartin, 20 anni nel Supermotard  Festeggi i 20 anni nel Supermotard: guardandoti indietro ti senti soddisfatto? &ldquo;Ho cominciato a tredici anni e, indipendentemente dai risultati, &egrave; stato un percorso fantastico: ero giovanissimo e da subito volevo impormi sui &lsquo;vecchietti&rsquo; nel Regionale, poi l&rsquo;obiettivo &egrave; stato quello di diventare professionista ma dovevo ottenere risultati e vincere, ci sono riuscito ma non &egrave; ancora abbastanza. Un traguardo che sogno da un paio d&rsquo;anni, e mi sto convincendo sempre di pi&ugrave; nel volerci provare, &egrave; il titolo mondiale, e in questi due anni &egrave; diventata un&rsquo;idea fissa. Per arrivare qui, oltre ai miei genitori, alla mia fidanzata e alla sua famiglia, ringrazio chi mi supportato e chi mi ha sostenuto, persone e aziende&rdquo;. Come sar&agrave; l&rsquo;avvicinamento al Mondiale? &ldquo;Si parte con gli Internazionali d&rsquo;Italia, un ottimo banco prova in vista del Mondiale. Quest&rsquo;anno saranno campionati molto interessanti con nuovi stranieri importanti e sar&agrave; ottimo per capire il livello di feeling con la moto&rdquo;. Anche Thomas Chareyre cambia moto e team per sfidare Marc-Reiner Schmidt e Lukas H&ouml;llbacher. &ldquo;Sar&agrave; una lotta apertissima, negli ultimi anni Lukas si &egrave; giocato il titolo fino all&rsquo;ultimo. L&rsquo;uomo da battere &egrave; Schmidt ma H&ouml;llbacher e Chareyre saranno agguerriti&rdquo;. Nicolas Covatti si rimette in gioco | Manubri Larghi       

Il passaggio alla Honda di RedMoto e Gazza Racing: "Cercavo nuovi stimoli, ora voglio mirare al Mondiale"

Elia Sammartin punta in alto | Manubri Larghi

        I motori delle Supermoto sono spenti da diverse settimane, ma il mondo dello sliding &egrave; comunque in fermento, proiettato verso il nuovo anno. Le anticipazioni legate all&rsquo;universo dei campionati mondiali ed europei promettono un&rsquo;annata eccitante, che debutter&agrave; in aprile. Nicolas Covatti si rimette in gioco | Manubri Larghi Supermoto: gli appuntamenti  Tra novit&agrave;, conferme e voci di corridoio, &egrave; gi&agrave; sicuro che sar&agrave; un campionato di durata, con una prova in pi&ugrave; rispetto alle precedenti stagioni. Federazione internazionale ed europea, con il Promoter, XIEM, non hanno risparmiato novit&agrave;, accompagnate da cambi di casacca eclatanti. In grado di rinverdire i fasti di un settore che dagli anni Duemila ha mostrato grandi specialisti, come gli ex iridati Thierry Van Den Bosch, Eddy Seel, Bernd Hiemer, Boris Chambon, Gerald Delepine, Mauno Hermunen, Jerome Giraudo, Adrien e Thomas Chareyre, Asseri Kingelin e altri top rider che sono riusciti a rimanere nel cuore degli appassionati. Tra loro anche alcuni assi italiani, come Ivan Lazzarini, Max Verderosa, Edgardo Borella, Luca D&rsquo;Addato, Massimiliano Porfiri, Teo Monticelli, Elia Sammartin, Gioele Filippetti, oltre ai memorabili Massimo Beltrami, Davide Gozzini, Max Manzo, Christian Ravaglia e Attilio Pignotti. Oggi il top rider per antonomasia &egrave; Marc-Reiner Schmidt, campione in carica che dovr&agrave; fare i conti con un bel lotto di avversari. A partire dal debutto del Mondiale in Spagna con il GP Comunit&agrave; Valenciana ad Albaida, il 20 e 21 aprile. Per la seconda e la terza prova il Circus arriver&agrave; in Italia per il GP Sardegna sulla bella pista Sardinia Circuit WS98 di Tramatza, il 25 e 26 maggio, e poi nel cuneese, il 29 e 30 giugno con il GP Piemonte, sul Circuito Internazionale di Busca. Il 20 e 21 luglio, sar&agrave; la pista dell&rsquo;Autodrom Slomczyn a ospitare il GP Polonia, dove il mondiale Supermoto correr&agrave; per la prima volta. Senza sosta, nel mese di agosto la scena sar&agrave; (il 17 e 18) per il quinto round al Wendelinuspark Sankt Wendel per il GP Germania. Sesto e penultimo round il 7 e 8 settembre con il GP Romania a Cerghid, altra nuova location per il Mondiale, e sempre in settembre, nel weekend del 28 e 29, ci sar&agrave; il grande ritorno del Supermoto delle Nazioni a Carole in Francia. La chiusura mondiale sar&agrave; con la super finale, il 5 e 6 ottobre, sullo storico circuito cittadino di Mettet, in Belgio, dove si assegneranno i titoli stagionali 2024. Supermoto: Internazionali d'Italia  C&rsquo;&egrave; poi un&rsquo;altra competizione molto attesa come gli Internazionali d&rsquo;Italia: ogni tappa, dall&rsquo;Abruzzo al Piemonte, avr&agrave; la sua atmosfera e le sue particolarit&agrave;, garantendo un mix di sfide tecniche, velocit&agrave; e aderenza alle variazioni del terreno. Inoltre, l&rsquo;aspetto competitivo sar&agrave; accentuato dalla presenza di alcuni dei migliori piloti del Mondo. Il dominio continuo e l&rsquo;emergere di nuovi talenti potrebbero essere i temi dominanti di questa stagione. Con un calendario che prevede sei tappe: primo round a Ortona il 14 aprile, il 5 maggio ci si sposter&agrave; a Ottobiano e il 9 giugno a Busca. Il 14 luglio sar&agrave; Viterbo a ospitare la quarta prova, aspettando il gran finale di Pomposa con due round distinti, sabato e domenica 14 e 15 settembre. Il vincitore del campionato italiano Supermoto 2023 nella classe Pro &egrave; stato il vicentino Elia Sammartin, che ha conquistato il quinto titolo consecutivo vincendo tutte e 12 le manche in programma. Sammartin ha dominato la stagione, precedendo l&rsquo;imolese Fabrizio Bartolini e il lombardo Luca D&rsquo;Addato. Sapr&agrave; ripetersi? Una "gita" in Costa Brava | Manubri Larghi       

Il Mondiale e gli Internazionali d&rsquo;Italia saranno il centro della stagione dello sliding, ricca di novit&agrave; e duelli

Un anno di Supermoto | Manubri Larghi

Dopo l&#39;excursus sui piloti che negli anni 70&#39; hanno lasciato un&#39;impronta particolarmente intensa nella storia del motociclismo, arriviamo in una decade tanto significativa quanto importante. Gli anni 80&#39; sono stati un periodo vincente per le due ruote in versione prototipo, come dimostra l&#39;avvento dell&#39;era dei piloti americani, dominatori della top class dal 1978, con l&#39;iride di Kenny Roberts, fino al 1993, con l&#39;ultimo mondiale vinto da un pilota a stelle e striscie (salvo poi tornare alla vittoria con Kenny Roberts jr nel 2000 e Nicky Hayden nel 2006). Nel mezzo si sono succeduti tanti corridori entrati nella storia del motomondiale, sia per il palmar&egrave;s acquisito che per l&#39;impronta umana e l&#39;eredit&agrave; tecnica trasmessa.  A svettare in questi rispettivi campi nelle piccole cilindrate furono Stefan Dorflinger, quattro volte campione del mondo tra la classe &quot;50&quot; e la &quot;80&quot;; Jorge Martinez, quattro volte iridato tra la &quot;80&quot; e la &quot;125&quot;; Fausto Gresini, bicampione nella &quot;125&quot; e infine Anton Mang, tre volte vincitore della classe di mezzo, la &quot;250&quot;. Per ci&ograve; che riguarda la top class, i piloti in grado di fare la storia in questa fortunata decade furono: Eddie Lawson, Wayne Gardner, Freddie Spencer, Marco Lucchinelli, Franco Uncini, Randy Mamola.  MotoGP, analisi delle lesioni pi&ugrave; comuni tra i piloti  Jorge Martinez, Stefan Dorflinger e Anton Mang monopolizzano le piccole cilindrate  La stagione 1983 fu l&#39;ultima per la classe &quot;50&quot;, che consegn&ograve; il testimone alla categoria &quot;80&quot; dal 1984 al 1989 (salvo poi essere definitivamente abbandonata). Lo svizzero Stefano Dorflinger fu l&#39;ultimo campione della pi&ugrave; piccola delle cilindrate, grazie ai titoli del 1982 e, appunto 1983, in entrambi i casi su Eugenio Lazzarini. Il computo totale dei mondiali vinti dal pilota svizzero sale a quattro considerando i mondiali vinti nella classe &quot;80&quot; nel biennio 1984\85, rispettivamente su Huberto Abold e Jorge Martinez. Proprio lo spagnolo fu l&#39;altro grande dominatore delle piccole classi, in virt&ugrave; delle conquiste iridate del 1986, 1987 e 1988 e del titolo in &quot;125&quot;, sempre nel 1988. In quest&#39;ultimo caso Martinez batt&egrave; la concorrenza di Ezio Gianola, mentre i primi tre campionati arrivarono precedendo in classifica rispettivamente Manuel Herreros (86&#39; e 87&#39;) e Alex Criville.  Il compianto Fausto Gresini fu uno dei piloti di riferimento del panorama motociclistico italiano nelle piccole cilindrate, in particolar modo nelle annate 1985 e 1987, quando vinse il titolo avendo la meglio su PierPaolo Bianchi e Bruno Casanova. Nel 1987 Gresini vinse in ben dieci gare su undici disputate, in sella alla Garelli. Con cinque titoli conquistati, il tedesco Anton Mang entra di diritto nella ristretta cerchia dei piloti pi&ugrave; iconici degli anni 80&#39;, in virt&ugrave; dei sigilli del 1980 e 1981 in &quot;250&quot; su Jon Ekerold e Kork Ballington, del 1987 sempre in &quot;250&quot; su Reinhold Roth ed infine del biennio 1981\1982 in &quot;350&quot; su Jon Ekerold e Didier De Radigues.&nbsp;  L&#39;era dei piloti americani domina in 500  Come detto, gli anni 80&#39; rappresentarono una fortunata decade per la top class del motomondiale, caratterizzata da un forte ed intrigante equilibrio tra piloti destinati ed abili a lasciare un forte segno per carisma e narrazione sportiva. Tra essi merita una prestigiosa citazione Randy Mamola, per ben quattro volte vice-campione del mondo ma talmente iconico per stile di guida ed irruenza in sella alla moto, da meritarsi un posto in questo speciale raggruppamento. Gli anni 80&#39; si aprirono con la doppia affermazione italiana rappresentata dai successi di Marco Lucchinelli, nel 1981 ai danni proprio di Mamola e di Franco Uncini l&#39;anno seguente su Graeme Crosby. Nel 1983 Freddie Spencer irruppe sulla scena della classe regina, vincendo il titolo in sella alla Honda davanti a Kenny Roberts. L&#39;americano biss&ograve; il titolo nel 1985, abdicando l&#39;anno prima, nel 1984, in favore di Eddie Lawson. Lo stesso Lawson firmer&agrave; poi altre tre affermazioni, nel 1986 e nel 1988 sull&#39;australiano Wayne Gardner (quest&#39;ultimo vincitore del titolo 1987), e nel 1989 sul connazionale Wayne Rainey.    MotoGP, Martin: &quot;Battere Marquez mi far&agrave; diventare uno dei migliori della storia&quot;  &nbsp; 

Da Jorge Martinez ed Anton Mang fino al periodo dei piloti americani con Eddie Lawson, Freddie Spencer e Randy Mamola.&nbsp;

MotoGP: I piloti pi&ugrave; iconici degli anni 80&#39; tra tutte le classi del motomondiale

Con la stagione 2024 della MotoGP ormai terminata, con la vittoria di Pecco Bagnaia su Jorge Martin, &egrave; tempo di tuffarci in un p&ograve; di storia delle due ruote, andando a scoprire i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 70&#39;. Un&#39;epoca particolarmente importante per il motomondiale ed il motorsport italiano, con la presenza vincente e iconica, di molti piloti di stampo tricolore. In questo decennio Giacomo Agostini concluse la sua straordinaria carriera e Kenny Roberts inizi&ograve; l&#39;era dell&#39;epopea americana, chiudendo a suo favore le ostilit&agrave; della top class per tre anni consecutivi dal 1978 al 1980.  Tra le cinque categorie previste in quegli anni abbiamo scelto: Angel Nieto, 13 volte campione del mondo tra classe &quot;50&quot; e &quot;125&quot;; Pierpaolo Bianchi, tre volte iridato della &quot;125&quot;; Jarno Saarinen, campione del mondo della 250; Walter Villa, quattro volte iridato tra la &quot;250&quot; e la &quot;350&quot;; Giacomo Agostini, quindici volte campione del mondo tra la &quot;350&quot; e &quot;500&quot;; Phil Read, sette volte campione tra &quot;125&quot;, &quot;350&quot; e &quot;500&quot;; Barry Sheene, bicampione del mondo della &quot;500&quot;; il sopracitato Kenny Roberts ed infine il quattro volte mattatore tra &quot;250&quot; e &quot;350&quot;, Kork Ballington. Il nostro viaggio nel tempo inizia da Angel Nieto, il secondo pilota della storia per titoli mondiali vinti alle spalle solamente di Giacomo Agostini.&nbsp;&nbsp;  I 10 piloti pi&ugrave; carismatici della storia del motociclismo  I campioni delle piccole cilindrate: da Angel Nieto a PierPaolo Bianchi  Il re delle piccole cilindrate, Angel Nieto, occupa un posto speciale nell&#39;olimpo dei piloti migliori di sempre, dall&#39;alto dei suoi 13 titoli e 90 successi nei GP. Lo spagnolo, pioniere della scuola iberica delle due ruote, negli anni 70&#39; mise in scena il suo dominio (vincendo 8 dei suoi 13 mondiali in questo decennio), pi&ugrave; specificatamente tra le classi &quot;50&quot; e &quot;125&quot;. Nella pi&ugrave; piccola tra le due categorie Nieto trionf&ograve; in sei occasioni, la prima volta nel 1969, seguito dal bis iridato l&#39;anno successivo, poi nel 1972 e infine dal 1975 al 1977. Nella 125 lo spagnolo vinse nel biennio 1971\72, per poi ripetersi nel 1979 e successivamente, ininterrottamente dal 1981 al 1984.&nbsp;  A met&agrave; degli anni 70&#39;, un italiano svett&ograve; su tutti nella 125, trionfando nei campionati del 1971 e del 1972 e vincendo nuovamente poi nel 1980, per un totale di 24 GP vinti. Parliamo di Pierpaolo Bianchi, che nel 1971 vinse in sella alla Morbidelli precedendo in classifica proprio Angel Nieto, mentre l&#39;anno successivo ebbe la meglio (sempre con la Morbidelli) sul connazionale, Eugenio Lazzarini. L&#39;ultimo iride arriv&ograve; insieme alla MBA, dopo aver sopravanzato il francese Guy Bertin.    I re della &quot;250&quot;: Jarno Saarinen, Walter Villa e Kork Ballington  Un innumerevole quantit&agrave; di puro talento caratterizz&ograve; la classe intermedia negli anni 70&#39;: da Jarno Saarinen, leggendario pilota finlandese tragicamente scomparso nel 1973 durante il GP d&#39;Italia di Monza; a Walter Villa, dominatore assoluto per tre anni di fila, ed infine Kork Ballington, il pilota sudafricano pi&ugrave; vincente di sempre. Saarinen conquist&ograve; il titolo nel 1972 battendo la concorrenza del compianto Renzo Pasolini ed esaltando, in tutte le piste del calendario, il suo stile di guida innovativo (Saarinen fu uno dei primissimi piloti a sporgere il busto fuori dalla moto in entrata ed in uscita di curva). Villa fu il dominatore della classe di mezzo dal 1974 al 1976 in sella alla Harley-Davidson; battendo Dieter Braun, Michel Rougerie e Johnny Cecotto, per poi chiudere a quattro il computo totale dei mondiali conquistati grazie al successo ottenuto in &quot;350&quot; nel 1976 ai danni nuovamente di Cecotto. Infine Ballington, autore di due doppiette, nella &quot;250&quot; e nella &quot;350&quot; negli anni 1978 e 1979. Nella mezzo di litro il sudafricano precedette in classifica generale Gregg Hansford, mentre nella classe appena superiore, Takazumi Katayami e Patrick Fernandez.  Le leggende della 500: Giacomo Agostini, Phil Read, Kenny Roberts e Barry Sheene  Il decennio degli anni 70&#39; vide proliferare nomi divenuti storici e iconici del motorsport d&#39;altri tempi, in primis ovviamente Giacomo Agostini, recordman all-time per ci&ograve; che riguarda sia i mondiali che i GP vinti. L&#39;alfiere della MV Agusta conquist&ograve; sette titoli consecutivi in &quot;350&quot; dal 1968 al 1974, al quale ne aggiunse otto in classe regina, ottenuti dal 1966 al 1972 e poi ancora nel 1975. Uno dei acerrimi rivali di &quot;Ago&quot;, ovvero Phil Read, caratterizz&ograve; gli anni 70&#39; in virt&ugrave; dei titoli del 1971 in 250, e soprattutto dei successi in classe regina del 1973 e 1974, quando ebbe ragione di Kim Newcome e Gianfranco Bonera. Nel corso della sua leggendaria carriera, l&#39;inglese vinse altri quattro titoli, nel 1964, 1965 e 1968 in &quot;250&quot; e nel 1968 in &quot;125&quot;. Alla fine degli anni 70&#39;, un americano venuto dalla California e soprannominato &quot;Il Marziano&quot;, ovvero Kenny Roberts, fece piazza pulita in classe regina, per la precisione dal 1978 al 1980 (battendo la concorrenza di Sheene, Ferrari e Mamola), per un totale di tre titoli e 24 vittorie. Poco prima dell&#39;avvento di Roberts, la scena della classe regina fu dominata, per un paio di stagioni, da Barry Sheene. L&#39;inglese trionf&ograve; nel 1976 su Teuvo Lansivuori e nel 1977 precedendo Steve Baker.  &nbsp;    &quot;No ai Marquez in Yamaha&quot;: Alex vittima di un veto nel 2019  &nbsp;       &nbsp;         &nbsp; 

Nell&#39;epoca della fine del dominio di Giacomo Agostini sono stati tanti i piloti in grado di lasciare il segno tra tutte le categorie

Motomondiale: i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 70&#39;

        Esattamente 12 anni sono trascorsi dall&rsquo;inaugurazione ufficiale del circuito lombardo al debutto nel calendario WorldSBK. Era il 7 luglio del 2011 infatti quando venne inaugurata la pista, che allora si chiamava ancora Circuito di San Martino del Lago, dal nome del comune in cui &egrave; collocata. Nel 2015 la chiusura temporanea e la riapertura con una nuova societ&agrave; a gestire il circuito in provincia di Cremona. Nel 2016 riparte con il nuovo nome di Cremona Circuit e intitolando la pista all&rsquo;indimenticato Angelo Bergamonti. SBK, ECCO IL CALENDARIO 2024: DEBUTTA CREMONA! L&rsquo;origine del circuito La storia del Cremona Circuit inizia nella primavera del 2011 quando iniziano i lavori per la realizzazione del secondo circuito pi&ugrave; lungo della Lombardia con i suoi 3.500 metri, dietro soltanto al &ldquo;Tempio della Velocit&agrave;&rdquo;: l&rsquo;Autodromo di Monza. La struttura sorge nel comune di San Martino del Lago, circa 25km ad est di Cremona, velocemente raggiungibile anche grazie all&rsquo;uscita autostradale della A21. I lavoro sono progrediti velocemente nonostante qualche critica dalle associazioni come WWF e Lega Ambiente. Il circuito originario come detto era lungo 3.500 metri, vantava 11 curve ed una larghezza che variava dai 10 ai 12 metri. Oltre alla pista principale, che poteva essere divisa in due circuiti indipendenti, &egrave; stata costruita una pista da 1km per i kart con relativa struttura per box, un bar, un ristorante e un capannone di circa 1.000 metri quadri, ed ovviamente i box dell&rsquo;autodromo. La pista ha visto la sua inaugurazione ufficiale il 7 luglio del 2011 ma gi&agrave; da qualche settimana auto e moto avevano iniziato a girare mostrando grandissimo interesse in questa nuova struttura. SBK, LECUONA E VIERGE ANCORA CON HRC FINO AL 2025 Le prime gare internazionali La pista riscuote grande successo, ogni giornata di prove libere per auto e moto &egrave; piena ed i gestori della pista iniziano ad assaporare l&rsquo;idea di portare nel Circuito di San Martino del Lago le prime gare. Il 6 luglio 2014 a due anni esatti dall&rsquo;inaugurazione del circuito ecco la prima gara internazionale: il mondiale Supermoto. Venne costruita una sezione sterrata accanto al rettilineo di partenza dove i piloti sarebbero entrati dopo le prime curve. &Egrave; dunque il Supermoto World Championship (oggi S1GP) a portare sul circuito cremonese il primo evento a due ruote di livello internazionale. Sar&agrave; Thomas Chareyre a conquistare la vittoria di Gara1 mentre Mauro Hermunen con il francese che conquister&agrave; la vittoria del GP. A fine anno si replicher&agrave; con il prestigioso Supermoto delle Nazioni che si &egrave; svolto, sulla stessa pista cremonese e che vide la Francia conquistare la vittoria davanti alla nostra &ldquo;Maglia Azzurra&rdquo; composta da Ivan Lazzarini, Christian Ravaglia e Teo Monticelli.  SBK: RINALDI AD UN PASSO DA MOTOCORSA, BALDASSARRI (E NON SOLO) IN CERCA DI UNA SELLA La chiusura e la rinascita Al termine della stagione 2015 venne comunicato l&rsquo;improvvisa chiusura dell&rsquo;autodromo lombardo, la motivazione sarebbe poi emerso essere il mancato pagamento da parte della societ&agrave; che gestiva il circuito la &ldquo;Circuito San Martino srl&rdquo;, di diverse mensilit&agrave; del canone di locazione per un debito di oltre un milione e mezzo di euro. Lo sfratto per morosit&agrave; del vecchio gestore cre&ograve; un buco di qualche mese e la nuova gestione del Circuito di San Martino del Lago con la &ldquo;Cremona Circuit srl&rdquo; societ&agrave; che ancora oggi gestisce la pista cremonese e che negli ultimi anni ha fatto grossi investimenti per migliorare ulteriormente la pista e le strutture dell&rsquo;autodromo. Da&nbsp;aprile 2016 il Cremona Circuit, come venne rinominato, &egrave; intitolato ad Angelo Bergamonti, indimeticato pilota cremonese nato a Gussola il 18 marzo 1939, sei volte campione italiano era considerato negli anni 60 come uno dei principali rivali di Giacomo Agostini in 350 e 500 ma perse tragicamente la vita il 4 aprile 1971 sul circuito stradale di Riccione in una gara corsa sotto il diluvio. Nel gennaio 2021 venne annunciato un maxi piano da 4 milioni di euro per ampliare non solo la pista principale ma anche l&rsquo;ampliamento della pista da kart, del paddock e della struttura dei box. La nuova versione della pista che vedr&agrave; la luce in primavera vanta ora 3.702 metri di lunghezza, 13 curve (7 a sinistra e 6 a destra), una larghezza che varia dai 12 ai 14 metri, con il rettilineo pi&ugrave; lungo che tocca i 900 metri.  SBK: PUCCETTI RESTA IN KAWASAKI, CON UN TRATTAMENTO DA UFFICIALE L&rsquo;arrivo delle SBK A partire dalla stagione 2021, dopo l&rsquo;ampliamento del circuito, anche le &ldquo;big bike&rdquo; sono arrivate sulla pista cremonese. A far esordire le derivate dalla serie &egrave; stato il MotoEstate, il trofeo che si disputa fin dal 1986 ha una lunga e prestigiosa storia sui circuiti principalmente del nord Italia e grazie alle ultime modifiche del circuito lombardo ha potuto scegliere il Cremona Circuit come sede di un round di campionato dopo che Franciacorta &egrave; passata sotto il controllo di Porsche di fatto cessando l&rsquo;attivit&agrave; per le due ruote. &Egrave; stato poi il turno dei trofei che normalmente trovano spazio in Coppa Italia Velocit&agrave; approdare sul circuito alle porte di Cremona nel 2022 confermando la presenza anche in questa stagione. Il Cremona Circuit &egrave; negli anni diventato il circuito di riferimento non solo per tantissimi amatori ma anche per molte squadre e piloti che lo sfruttano come pista di allenamento o test. Sono moltissime anche le attivit&agrave; di corsi che si svolgono sulla pista lombarda rendendola con oltre 20.000 ingressi annui la pista &egrave; la pista pi&ugrave; utilizzata dai motociclisti d&rsquo;Europa. Per ospitare il WorldSBK per&ograve; la pista dovr&agrave; comunque fare ulteriori lavori alla pista: si parla di modifiche all&rsquo;ultimo tratto di pista, ovvero le 3 curve che separano il rettilineo pi&ugrave; lungo a quello del traguardo, verranno riasfaltati diversi altri punti ed infine sistemate alcune vie di fuga oggi ancora troppo vicine per ospitare il mondiale SBK. Il round iridato &egrave; in calendario per il 20/22 settembre 2024, i lavori dovranno iniziare quanto prima per poter poi permettere la nuova omologazione della pista e la conseguente conferma del round che riporterebbe la Superbike in Lombardia 11 anni dopo l&rsquo;ultima gara corsa a Monza.  SBK, TEST JEREZ: RINVIATO IL CONFRONTO REA-RAZGATLIOGLU       

Era l&rsquo;estate del 2011 quando nella provincia cremonese iniziarono i lavori per il nuovo autodromo che nella prossima stagione debutter&agrave; nel mondiale Superbike

Cremona Circuit e SBK, da zero al mondiale in 12 anni

        La sfida era ardua, ma le &ldquo;nostre&rdquo; ragazze dell&rsquo;Enduro non si sono fatte cogliere alla sprovvista e hanno dato il meglio nell&rsquo;Europeo che si &egrave; svolto in Polonia. La rappresentativa azzurra che &egrave; partita alla volta della competizione era formata da Francesca Nocera, Sara Traini, Sabrina Lazzarino e Aurora Pittaluga: le ragazze hanno portato a casa un bellissimo trionfo nella gara a squadre. Un titolo continentale arrivato sommando i risultati delle atlete della stessa Nazione in gara. Le donne e una domanda da evitare | Io Guido da Sola L'Enduro in rosa trionfa  Questo significa che le azzurre hanno saputo sfoggiare grandi prestazioni rispetto alle avversarie: la conferma &egrave; venuta in primis da Francesca Nocera, bergamasca del gruppo Fiamme Oro della Polizia di Stato, passata soltanto da qualche anno all&rsquo;Enduro (prima gareggiava nel Motocross). La trentenne ha ottenuto, in sella alla Honda, un bellissimo oro individuale piazzandosi al primo posto della classifica femminile davanti alla tedesca Tanja Schlosser e alla norvegese Vilde Marie Holt. Prima di partire per l&rsquo;appuntamento europeo avevo parlato proprio con Francesca, alla vigilia della sua seconda partecipazione a questa competizione: &ldquo;Sono felicissima di indossare i colori della Maglia Azzurra &ndash; aveva spiegato la lombarda &ndash; insieme alle altre rappresentanti del nostro Paese, e ringrazio la Federazione Motociclistica Italiana per la convocazione&rdquo;. Il movimento femminile continua a crescere  Sentita nuovamente a gara disputata, Francesca non poteva che essere decisamente soddisfatta per il risultato ottenuto, ma anche per le prestazioni, insieme a lei, delle altre ragazze azzurre. Hanno infatti ben figurato anche Sara Traini, ventenne di Ascoli Piceno che ha chiuso quinta nella classifica individuale, mentre un&rsquo;altra giovane azzurra, l&rsquo;astigiana Sabrina Lazzarino, ha chiuso sesta. Pi&ugrave; sfortunata Aurora Pittaluga che si &egrave; infortunata in fase di riscaldamento. A parte questo piccolo incidente di percorso, per tutte le italiane l&rsquo;esperienza in Polonia si &egrave; rivelata davvero positiva e la bella medaglia d&rsquo;oro per la gara a squadre con la quale sono rientrate in Italia ne &egrave; stata la conferma. Al tempo stesso, il grande risultato rappresenta un grandissimo incentivo a migliorare sempre nonch&eacute; un buon auspicio per le gare del futuro. Ed &egrave; davvero bello per il nostro movimento vedere sempre pi&ugrave; piloti donna capaci di distinguersi nelle varie discipline. Mario e Dalila, matrimonio on the road | Io Guido da Sola       

Trascinata da Francesca Nocera, la spedizione italiana ha trionfato all&rsquo;Europeo

L'Enduro rosa è tricolore | Io Guido da Sola

        Decisemente positivio il bilancio al termine dell'ultima quarta prova del Campionato Europeo Enduro 2023 per i colori azzurri disputata in Polonia nella citt&agrave; di Kielce nel weekend del 16-17 settembre con percorso di 104 km. da ripetere due volte a giornata caratterizzato dalla presenza di tre differenti prove speciali: Cross Test di 5 km., Enduro Test 8 km., Extreme Test 6 km.  Italia al Top: Vittorie e Successi nel Campionato Europeo Enduro 2023 Il tutto con l&rsquo;orgoglio 110% italiano del Team Osellini-Husqvarna Motorcycles che non si &egrave; accontento di vincere ben tre titoli continentali con tre dei propri piloti, ma soprattutto di avere contribuito alla conquista del Titolo Europeo Junior per Squadre Nazionali con la formazione dell&rsquo;Italia in Maglia Azzurra del cui quartetto hanno fatto parte Fabris e Colorio che hanno dato il loro straordinario contributo a portare sul gradino pi&ugrave; alto del podio il Tricolore dell&rsquo;Italia con gli altri due giovani Lorenzo Bernini (GASGAS) e Pietro Scardina (Fantic).  La Nazionale del Trofeo Senior ha invece conquistato il terzo gradino del podio con Roberto Da Canal (Fantic), Davide Mei (Beta), Maurizio Micheluz (Husqvarna) e Riccardo Pasquato (Fantic). Gli azzurri hanno concluso l&rsquo;Europeo a squadre alle spalle di Repubblica Ceca e Francia.  Prestazioni pi&ugrave; he positive anche per la squadra femminile. La formazione azzurra anche se era l&rsquo;unica a partecipante nella categoria riservata alle donne aggiudicandosi cos&igrave; il titolo continentale, ha per&ograve; lottato con le avversarie a livello individuale. Francesca Nocera (Honda-RedMoto) ha chiuso sabato al 2&deg; posto, mentre domenica si &egrave; imposta sulle rivali. Buon ritmo anche per Sara Traini (Beta) e Sabrina Lazzarino (Beta). Sfortunata, invece, Aurora Pittaluga (Beta) non ha invece potuto gareggiare causa una distorsione al ginocchio destro rimediata in area training prima della gara provando la moto.  I protagonisti del successo azzurro nel Trofeo Junior sono stati: Lorenzo Bernini (GASGAS-GTM Motogamma Contec S.p.A.), Luca Colorio (Husqvarna-Osellini), Riccardo Fabris (Husqvarna-Osellini)) e Pietro Scardina (Fantic). Nella classifica a squadre l&rsquo;Italia ha preceduto la Francia e la Polonia. Sabato gli azzurri hanno guadagnato 28&rdquo; sui francesi e domenica hanno ulteriormente aumentato il gap nei confronti dei transalpini guadagnando quasi un minuto. Con questi risultati l&rsquo;Italia ha conquistato l&rsquo;Europeo Enduro Junior che le mancava dal 2016.  Cristian Rossi, Commissario Tecnico FMI: &ldquo;Siamo molto soddisfatti per il titolo conquistato con la squadra Junior. I nostri giovani piloti hanno fatto un ottimo lavoro riuscendo a restare sempre in testa con un buon margine sugli avversari. Un risultato importante perch&eacute; nell&rsquo;Europeo si sono spesso messi in mostra i talenti del futuro. Risultato positivo anche per la nazionale maggiore, che negli anni &egrave; costantemente tra le migliori contendenti. Un applauso alle ragazze per l&rsquo;impegno e i risultati dimostrati. Concludo ringraziando tutti coloro che hanno contribuito a questa spedizione di successo&rdquo;. Credit Foto: Ufficio Stampa FMI       

L'Italia in Maglia Azzurra vincitrice del Trofeo Junior e Trofeo Women per Squadre Nazionali, e anche sul terzo gradino del podio del Trofeo Senior

TRE AZZURRI CAMPIONI EUROPEI ENDURO CON L'ITALIA PRIMA NEL TROFEO JUNIOR A SQUADRE E WOMEN

        PESARO &ndash;&nbsp;Sotto il completo scuro e impeccabile che indossava qualche settimana fa durante una cerimonia in preparazione da mesi, Gianni Morbidelli nascondeva una cicatrice che porta con s&eacute; da quando, bambino delle elementari, affront&ograve; un&rsquo;esperienza che a descriverla adesso fa ancora strabuzzare gli occhi e irrigidire la lingua.  Classifica piloti AGGIORNATA Il mito Morbidelli  Ex pilota di Formula 1 al volante di vetture come Minardi, Footwork e Sauber, collaudatore Ferrari come scudiero di Alan Prost e Nigel Mansell, il cinquantacinquenne pesarese nei segni di quella ferita porta uno dei primi ricordi legati a un motore. Non c&rsquo;era di mezzo un&rsquo;auto, per&ograve;, quella volta: nella carne, sotto il ginocchio destro, si era infilata la pedana di un&rsquo;Italjet a ruote basse che lui, a met&agrave; anni &rsquo;70, usava come un funambolo esplorando la stessa passione che il 17 giugno scorso, nella sua citt&agrave;, &egrave; stata celebrata in nome del padre, l&rsquo;uomo che gli ha dato i geni, prima, un motore, poi, e i mezzi per scalare il mondo delle quattro ruote, dopo. Giancarlo Morbidelli: di professione imprenditore di macchine per la lavorazione del legno, per sfizio costruttore da quattro titoli nel Motomondiale, per vocazione artista del tecnigrafo capace di tradurre sulla carta e nel metallo soluzioni di tutti i tipi, fino a progettare un cambio pneumatico per la F1 e un motore a sei cilindri, due tempi, per la F2. A queste rumorose creature e a lui, scomparso il 10 febbraio di tre anni fa, il figlio Gianni e la famiglia dedicano ora lo Spazio Morbidelli, inaugurato con una cerimonia privata, intensa e discreta, nella quale l&rsquo;asso del volante ha accolto gli ospiti uno a uno, nel completo scuro e impeccabile, accompagnandoli in un&rsquo;area di 500 metri quadrati che ospita le soluzioni pi&ugrave; originali e vincenti del padre: su tutte, i prototipi da GP messi in pista fra la seconda met&agrave; degli anni &rsquo;60 e la prima degli &rsquo;80, in una fase storica e sportiva che incoraggiava soluzioni in bilico fra artigianato e intuizione, talento e improvvisazione, lampi di scienza e sprazzi d&rsquo;incoscienza. &ldquo;Abbiamo realizzato un luogo leggibile che permette anche a chi non ha un&rsquo;approfondita conoscenza del Motorsport di orientarsi e capire&rdquo; spiegano gli architetti Fabio Pradarelli e Deborah Sparacca, che hanno reso tangibile la visione di Gianni. &ldquo;A volte i musei rischiano di sembrare magazzini, ma noi volevamo qualcosa di radicalmente diverso. L&rsquo;abbiamo fatto bilanciando la nostra creativit&agrave; con la mania del dettaglio di un ex collaudatore Ferrari&rdquo;.  Gianni Morbidelli: "Lo dovevo a mio padre"  L&rsquo;area &egrave; nata sulle ceneri del precedente Museo Morbidelli, dove Giancarlo aveva raccolto circa 350 moto da tutto il Mondo e di ogni epoca, fra meraviglia e abbondanza. Oggi, in una struttura rivista, riemerge una selezione con la quale il figlio ha espresso un istinto di gratitudine e commozione, all&rsquo;insegna della tecnica e dell&rsquo;agonismo: &ldquo;Semplicemente, questa cosa io a mio padre la dovevo&rdquo; le parole di Gianni. &ldquo;Dicono che era un genio ed era vero. Un inventore. Se nel bagno di casa si rompeva la doccia, lui non chiamava mica l&rsquo;idraulico. Si metteva al lavoro per progettare qualcosa di nuovo che evitasse il ripetersi del problema&rdquo;. Una figura immensa, la sua, nello sport a motore, come confermato dai piloti presenti all&rsquo;inaugurazione. Fra loro Pier Paolo Bianchi, che sulle 125 pesaresi ha vinto due Mondiali. Mario Lega, che ne ha conquistato uno in 250. Gianni Pelletier, ricordato alla guida dell&rsquo;inconfondibile 500 con telaio monoscocca, una sella occupata anche da Graziano Rossi. E poi Eugenio Lazzarini, che ha stretto i manubri dei prototipi di piccola cilindrata realizzati da Morbidelli prima di involarsi verso tre titoli. Suo fratello Enzo, anche lui presente, era stato il primo pilota del Marchio: "Correvamo con una Benelli 60 trasformatissima, colorata di verde. Poi, nelle prove di una delle prime uscite del campionato italiano caddi e ruppi la carena&rdquo;. Per la gara Giancarlo la sistem&ograve; come si sarebbe fatto con un tessuto da cucire, ma usando il filo di ferro per unire le parti spezzate. &ldquo;All&rsquo;appuntamento successivo la moto era impeccabile e aveva la livrea bianca e blu che ha contraddistinto la Casa in tutta la sua storia&rdquo;. E che saga, &egrave; stata. Dai giochi in officina alle gare vere, dall&rsquo;arrivo dei primi collaboratori agli esperimenti tecnici che portarono alla 125 con cui Gilberto Parlotti, nel 1972, aveva finalmente nel mirino un titolo che sembrava alla portata. Ma ci si misero di mezzo la nebbia dell&rsquo;Isola di Man, una caduta e una tragedia enormi, una perdita mai colmata. Oltre al triestino vestirono i colori Morbidelli piloti come Angel Nieto, Alberto Ieva, Giacomo Agostini, Paolo Pileri per il primo iride nel 1975 e tanti altri. Passa alla prossima pagina Bagnaia-Ducati, il legame rende invincibili Gianni Morbidelli: "Mio padre era un uomo fantastico"  Tecnici come Franco Ringhini e l&rsquo;ingegnere J&ouml;rg M&ouml;ller, supportati da Giancarlo Cecchini, Franco Dionigi, Giancarlo Bonaventura, Fabio Barucca e altri esperti dei box e dei reparti corse. Per sfidare colossi come Yamaha e Kawasaki, vincere e ripetersi. Almeno fino a quando l&rsquo;attenzione di Giancarlo non si &egrave; spostata al 100% sul figlio. Gianni, gi&agrave;. L&rsquo;aspirante Alboreto che ha corso con i grandi davvero. &ldquo;In realt&agrave; il primo mezzo con cui mi sono cimentato &egrave; stata una moto&rdquo; ricorda. &ldquo;Ero un bambino e me la cavavo, per me era un gioco ma capitava di finire in pronto soccorso. Una volta mi avevano pure proposto di fare da apripista ad Abbazia, sullo stradale allora jugoslavo, ma mia mamma si mise di traverso e non ci fu nulla da fare. Cos&igrave;, per non aggravare la sua preoccupazione senza soffocare la mia indole, mi spostai sui kart, che sembravano pi&ugrave; sicuri. E ho iniziato a gareggiare&rdquo;. In quel periodo Gianni era &ldquo;il figlio di Giancarlo&rdquo;, n&eacute; pi&ugrave;, n&eacute; meno. Quella dell&rsquo;imprenditore pesarese era una presenza preziosa ma allo stesso tempo ingombrante. &ldquo;Un uomo fantastico, penso che se avessi giocato a bowling mi avrebbe costruito una palla pi&ugrave; rotonda delle altre&rdquo; scherza Gianni. &ldquo;Ma pi&ugrave; andavo avanti, pi&ugrave; volevo fare la mia strada e affermare il mio, di nome. Sono cose che si fanno sentire, soprattutto quando sei adolescente. Alla fine ce l&rsquo;ho fatta, e nei paddock delle quattro ruote mio padre veniva indicato come &lsquo;il pap&agrave; di Gianni&rsquo;. La situazione si era ribaltata&rdquo;. Al di l&agrave; del percorso sportivo, testimoniato da un picco espresso nella massima categoria su quattro ruote (con anche un GP corso sulla Ferrari), a Gianni resta il ricordo dei viaggi in un furgone Bedford con il kart caricato dietro, le soste di notte a bordo strada quando Giancarlo non riusciva pi&ugrave; a guidare e schiacciava un pisolino. &ldquo;E quella volta in cui mi pass&ograve; il volante, avr&ograve; avuto 15 anni, e gli ultimi chilometri li guidai io&rdquo;. Un pap&agrave; come tanti, forse, o magari no. Difficile dirlo. Sicuramente, un vulcano di entusiasmo e idee che nell&rsquo;ambiente dei motori, soltanto a pronunciarne il nome, fa muovere qualcosa di grande nello stomaco e nel cuore, come conferma la visione del documentario &ldquo;Morbidelli - storie di uomini e di moto veloci&rdquo; su Amazon Prime Video. &ldquo;Era sempre impegnato in qualcosa di superbo. Lasciava gli schizzi dei suoi progetti dappertutto. Ne ricordo alcuni sulla carta igienica, per esempio, e anche sulla sabbia delle spiagge del Kenya, dove abbiamo avuto una casa&rdquo;.  Passa all'ultima pagina &nbsp; Morbidelli, l'ultimo progetto incompiuto  Fra i progetti di una vita c&rsquo;&egrave; anche l&rsquo;ultimo, ambizioso e incompiuto. Un motore 750, 12 cilindri a V, dalle dimensioni super compatte che fa bella mostra di s&eacute; all&rsquo;ingresso della struttura. Fra esemplari freschi di restauro e prototipi mai messi in mostra prima, le perle dello Spazio Morbidelli compongono una silenziosa e solenne sinfonia in cui le moto si presentano come note di un pentagramma che soltanto a vederlo riesce a far suonare la sua musica nella testa di chi lo sa leggere. Armonie che Gianni spera di poter presto far ascoltare a molti aprendo le porte ai visitatori, magari per eventi speciali all&rsquo;insegna di sport, cultura e tradizione. Per l&rsquo;area, al momento, non &egrave; prevista l&rsquo;apertura al pubblico. Ma quello che una volta splendeva &egrave; tornato a luccicare. E presto inizier&agrave;, di nuovo, a vivere. Nel segno di Giancarlo. Per la libidine di tutti.   MotoGP, Flamigni: "Bezzecchi metodico e puntiglioso come Rossi"       

La collezione privata del costruttore pesarese torna a splendere grazie alla famiglia. Il figlio Gianni: "Glielo dovevo"

Lo Spazio Morbidelli, la rinascita di un mito

        Puoi anche aver vinto nove Mondiali, ma se i tuoi successi sono datati e non sei ritenuto un affabulatore nessuno ti invita in TV o ti intervista. Carlo Ubbiali &egrave; rimasto a lungo vittima di questo ostracismo, ma il CONI ci mise una pezza, assegnandogli il Collare d&rsquo;Oro al Merito Sportivo nel 2019, massima onorificenza dello sport italiano. La ragione la spieg&ograve; il presidente Giovanni Malag&ograve; durante la cerimonia presso la Palestra Monumentale del Foro Italico: &ldquo;Abbiamo voluto colmare una lacuna, premiando anche i campioni che hanno vinto un Mondiale prima del 1995, anno d&rsquo;istituzione dei Collari d&rsquo;Oro&rdquo;. SBK Misano: gli orari tv Nel 2019, il riconoscimento a Carlo Ubbiali  Intorno a met&agrave; ottobre, a casa Ubbiali era giunta la lettera che annunciava l&rsquo;assegnazione del premio. Mi telefon&ograve; lui stesso per dirmelo, tutto orgoglioso. Eccitato dalla prospettiva di recarsi a ritirarlo, vinse i timori della signora Mariella, con cui a settembre aveva festeggiato i 55 anni di matrimonio, e dei quattro figli. Il viaggio a Roma, infatti, non fu certo una passeggiata per un novantenne che fatica a deambulare: &ldquo;Colpa di una caduta in casa il 13 febbraio. Forse il pavimento troppo lucido o forse le ciabatte han slittato, sono volato, picchiando la testa che ha iniziato a sanguinare. Ero solo ma mi &egrave; rimasto in mano il telefonino e cos&igrave; in cinque minuti l&rsquo;ambulanza &egrave; arrivata. Per&ograve; la prestazione &egrave; calata minimo il 40 percento&rdquo;. A distanza di 59 anni dall&rsquo;ultima gara, Ubbiali ragionava ancora in termini di rendimento. Il nostro viaggio con Ubbiali   E cos&igrave; il 16 dicembre, lasciando casa alle 5 meno un quarto, inizi&ograve; il nostro viaggio, in direzione dello scalo di Orio al Serio. Quando l&rsquo;aereo inizi&ograve; il rullaggio, con la mano destra mim&ograve; il gesto della strizza. In realt&agrave; era tranquillo, tanto da interrogare lo steward: &ldquo;A che altitudine stiamo viaggiando e a che velocit&agrave;?&rdquo;. Dopo essersi consultato con il Comandante, l&rsquo;assistente di volo torn&ograve; con le risposte: 8800 metri e circa 830 km/h. Presa la palla al balzo, gli chiesi come ci si spostava ai suoi tempi: &ldquo;In treno. I viaggi in aereo erano rari, ne ricordo uno nel 1950 per Belfast, Irlanda del Nord, con un DC3 Dakota, un aereo militare privo di aria condizionata&rdquo;. Raggiunta Fiumicino alle 8, dopo un po&rsquo; di attesa io, Carlo e suo figlio Daniele salimmo sull&rsquo;auto di Carlo Florenzano (a lungo uomo Honda in pista e alla Dakar) che si era offerto di portarci al Foro Italico. E gli aneddoti non potevano che scorrere copiosi: &ldquo;Nel 1950 corsi la MilanoTaranto. Tutti gli altri avevano moto due tempi, io la quattro tempi, una Mondial 125. A Roma, alla sosta per il rifornimento mi misero arance e banane in tasca, senza dirmelo. A Terracina sentii tutte le cosce bagnate, la frutta si era ridotta in poltiglia. A Napoli ruppi la catena, poi caddi tre volte per l&rsquo;asfalto viscido. In vista del traguardo il motore si ammutol&igrave;, supplicavo il pubblico di non spingermi ma non ci fu niente da fare. Vinsi la gara, ma il giorno dopo mi squalificarono...&rdquo;. Inevitabile la domanda sull&rsquo;avversario pi&ugrave; forte con cui si &egrave; confrontato: "Gary Hocking, ricordo ancora le nostre sfide in 250, specie quella a Solitude nel 1960. In prova avevamo frantumato il record pi&ugrave; volte, ma alla partenza per un istante non riuscii a respirare. Mio fratello Maurizio era molto malato e quel pensiero mi angosciava. Cos&igrave; al via persi 20 metri e nel tentativo di rimontare caddi subito. Ripartii deciso a fare un giro per vedere come andava la mia MV, poi quandodissi &lsquo;facciamone un altro&rsquo;, e poi un altro ancora. Superai tutti tranne Hocking, per&ograve; lui aveva 22 anni e io otto in pi&ugrave;&rdquo;. Scesi dall&rsquo;auto, Ubbiali non fece in tempo a varcare il cancello del Foro Italico che un tifoso gli si avvicin&ograve; chiedendogli di autografare alcune foto. Dopo altri 30 metri si palesarono dei quarantenni e uno di questi usc&igrave; una sua figurina, implorandolo di firmargliela. Accomodatosi in quarta fila, si godette la cerimonia finch&eacute; sali&igrave; sul palco assieme a Pier Paolo Bianchi, Mario Lega, Eugenio Lazzarini, Marco Lucchinelli, Franco Uncini, Fausto Gresini, Luca Cadalora e Alessandro Gramigni, tutti premiati con il Collare d&rsquo;Oro assieme al campione del 2019, Lorenzo Dalla Porta. Passa alla prossima pagina &nbsp; Carlo Ubbiali tra aneddoti, ricordi e tanta emozione   Ubbiali fatic&ograve; a raggiungerli, ma subito dopo si precipit&ograve; da Lucky per fargli le condoglianze per il figlio Cristiano. Da anni non si vedevano n&eacute; sentivano e questo gesto commosse Lucchinelli che gli diede un bacio. Il presentatore ricord&ograve; quando Ubbiali trasport&ograve; i feriti durante la guerra, ma anche l&rsquo;esordio nel 1947, avvenuto falsificando i documenti. Pronta la risposta di Carlo: &ldquo;Una comica, ho rubato un anno, anzich&eacute; 18, ne avevo 17, per&ograve; mi hanno squalificato&rdquo;. A cerimonia chiusa, salimmo al piano superiore dove Ubbiali assapor&ograve; una porzione di pasta al forno, delle melanzane e un tramezzino, usandolo al posto del pane: &ldquo;In passato sono arrivato a 62 kg ma ora ne peso 55, lo stesso di quando correvo, anche se in inverno arrivavo a 56&rdquo;. Il volo di ritorno per&ograve; incombeva, cos&igrave; risalimmo in auto e soltanto grazie all&rsquo;abilit&agrave; di Florenzano non lo perdemmo. Ubbiali inizialmente sembr&ograve; preoccupato dai virtuosismi dell&rsquo;amico ma poi se ne usc&igrave; con un &ldquo;Sei un mezzo Nuvolari&rdquo; che stemper&ograve; la tensione. Prima di depositarci al terminal, Florenzano si concesse un&rsquo;ultima domanda, inevitabile. Perch&eacute; Ubbiali ha smesso a soli 31 anni? &ldquo;Ero stufo di viaggiare, sui treni ti controllavano tutto, i soldi, persino i bottoni. E poi era morto mio fratello Maurizio a cui ero molto legato. Rinunciai anche a guidare per la Ferrari e a correre con la Honda: nel 1959 all&rsquo;Isola di Man avevo incontrato Soichiro Honda che tramite un interprete mi disse che mi voleva nella sua squadra&rdquo;. In aereo, complice la stanchezza, nessuno apr&igrave; bocca. Ma una volta recuperata l&rsquo;auto al parcheggio di Orio, Carlo fece il bilancio della giornata: &ldquo;Faticoso ma ne &egrave; valsa la pena, &egrave; andata bene. Sono contento di essere andato a Roma e di aver incontrato tanti sportivi&rdquo;. Dopo decenni di oblio, Ubbiali si sent&igrave; di nuovo ammirato al di fuori della sua cerchia di familiari e amici. Lo meritava, meglio tardi che mai. Calendario MotoGP 2023       

Nel 2019, a 90 anni, il nove volte iridato ricevette il Collare d'Oro dal CONI. Motosprint ebbe l'onore di accompagnarlo a Roma: il nostro racconto

Carlo Ubbiali: il nostro viaggio con il mito

           La vittoria di Pecco Bagnaia a Jerez ha sancito la redenzione del campione del mondo dopo i due errori consecutivi in Argentina e in America. Il pilota di Chivasso ha dimostrato un aspetto del quale si parla probabilmente poco, ovvero la sua forza mentale. Nonostante potesse accontentarsi di una posizione da podio per rilanciare la sua classifica, Bagnaia ha voluto sfruttare appieno la sua competitivit&agrave; andandosi a prendere la vittoria dopo una battaglia sofferta con il tenace Brad Binder. Un segno di autorit&agrave; per un pilota che al momento &egrave; l'unico in grado di presenziare costantemente nelle prime cinque posizioni in ogni sessione del week-end di gara.  Ad essere cresciuti nel tempo non sono solamente la consapevolezza della sua velocit&agrave; e lo status sempre pi&ugrave; visibile all'interno della griglia ma anche i numeri, che lo pongono sempre pi&ugrave; saldamente come uno dei riferimenti dell'era moderna della top class. Dal momento della sua prima vittoria in Motogp (a fine 2021) il rullino di marcia del pilota Ducati &egrave; stato sintomatico di un campione, dall'alto dei suoi tredici successi in trenta gare. Numeri che parlano chiaro e che lo ergono a secondo pilota pi&ugrave; vincente in termini di vittorie nell'attuale parco piloti in attivit&agrave;, dopo Marc Marquez.&nbsp;&nbsp;   Bagnaia eguaglia Barry Sheene Il successo maturato in Spagna ha restituito a Bagnaia la leadership della classifica, il piemontese ha superato Marco Bezzecchi in un metaforico sorpasso che assomiglia ad una manovra importante di rilancio di un inizio di stagione che con i due errori consecutivi in gara stava iniziando a prendere una brutta piega. Quello su Bezzecchi per&ograve; non &egrave; l'unico sorpasso compiuto dall'italiano, che con la seconda vittoria dell'anno ha completato il sorpasso su Marco Melandri nella classifica dei piloti pi&ugrave; vittoriosi di sempre nel motomondiale in termini di GP se considerate tutte le classi. Bagnaia ha infatti colto la sua 23esima vittoria in carriera, superando di una lunghezza l'ex pilota di MotoGP e Superbike. Inoltre, questo risultato permette al campione del mondo in carica di eguagliare una leggenda del motociclismo, ferma a quota 23 successi, ovvero il bicampione del mondo della classe regina Barry Sheene.   Vincendo a Le Mans nel prossimo appuntamento stagionale, Bagnaia potrebbe dunque staccare lo storico pilota della Suzuki per poi eguagliare altri quattro fenomeni che hanno fatto la storia del motomondiale: il quattro volte iridato Walter Villa, il tre volte campione mondiale Kenny Roberts, il tre volte iridato&nbsp;Wayne Rainey ed il campione del mondo della 125 nel 2004 Andrea Dovizioso, predecessore di Bagnaia proprio sulla Ducati.  Nel caso in cui Bagnaia continui a dimostrare il suo valore durante l'arco della stagione non &egrave; impossibile prevedere fin dove pu&ograve; spingersi nella classifica all-time dei pi&ugrave; vincenti di sempre. A tal proposito si vedono insidiare la loro posizione, Maverick Vinales a quota 25 (lo spagnolo pu&ograve; ritoccare la sua classifica), Kevin Schwantz a 25, Freddie Spencer, Eugenio Lazzarini e Pierpaolo Bianchi a 27, Loris Capirossi a 29 ed Eddie Lawson a 31.  SBK Barcellona: Bautista punta Haga, Rea sempre pi&ugrave; re dei podi                 

C'&egrave; anche Walter Villa tra gli illustri piloti messi nel mirino dal campione del mondo in termini di vittorie nel motomondiale&nbsp;

MotoGP: Bagnaia punta Roberts, Rainey e Dovizioso

        Il 2022 &egrave; stato un anno trionfale per Carmine Matarazzo, pilota ormai esperto delle corse su strada del panorama italiano e, in particolare, del Motard. Proprio con quest'ultimo ha vinto il titolo di categoria nel Campionato Italiano Velocit&agrave; Salita vincendo tutte le gare disputate e lottando anche per il primo posto nella classifica assoluta. Un risultato straordinario, che tuttavia non ha saziato del tutto la &ldquo;fame&rdquo; sportiva del centauro di Avellino, pronto per altre sfide nel 2023 anche a livello europeo. CIVS, calendario 2023: info, date e novit&agrave; della prossima stagione Matarazzo: &ldquo;E' stato un anno quasi perfetto&rdquo;  Allora Carmine, com'&egrave; stata la tua stagione nel CIVS? &ldquo;E' stato un anno quasi perfetto dal punto di vista dei risultati nella Salita, visto che nella classifica riservata alle Supermoto sono riuscito a conquistare il primo posto in tutti i round. Chiaramente sono soddisfatto di questo grande risultato, anche se il mio obiettivo &egrave; quello di vincere la classifica assoluta, dove invece spesso ho chiuso al secondo posto&rdquo;. Con che moto hai corso? &ldquo;Quest'anno ho utilizzato una TM preparato dal team L30 di Ivan Lazzarini, che si &egrave; rivelata una vera e propria arma da gara. Mi sono trovato alla grande in sella fin dalla prima volta che l'ho utilizzata e la sua agilit&agrave; mi ha permesso di fare la differenza in ogni percorso&rdquo;. Cosa ti &egrave; mancato, invece, per vincere anche l'Assoluta? &ldquo;Innanzitutto la potenza, visto che ovviamente un motard ha meno cavalli rispetto ad una Supersport o una Superbike, ma quello in realt&agrave; nel CIVS non &egrave; un grosso problema, non essendoci allunghi particolarmente veloci. Nei primi round, il problema riguardava i quad, che erano avvantaggiati potendo utilizzare le chicane dei Sidecar che erano decisamente pi&ugrave; larghe di quelle per le moto, mentre nei successivi appuntamenti il problema &egrave; stato la velocit&agrave; di Maurizio Bottalico (scherza, ndr), che &egrave; un grande amico fuori dalla pista, ma un avversario difficilissimo da battere in gara&rdquo;. BSB: Liam Delves e il team Rapid CDH Racing ancora insieme nel 2023 &ldquo;Adoro queste gare. Nel 2023 punto anche all'Europeo&rdquo;   Che cosa rende speciali le gare su strada e, in particolare, il CIVS? &ldquo;Personalmente, adoro questa tipologia di gare perch&egrave; sono corse da tutto-o-niente, in cui devi dare il massimo dal primo all'ultimo metro e in cui non sono ammessi errori. Non ti puoi permettere di sbagliare una marcia o finire lungo e, visto che si tratta di percorsi brevi, l'adrenalina &egrave; alle stelle in quel momento. Inoltre, l'ambiente &egrave; amichevole e i rivali sono tali soltanto durante la gara, mentre prima e dopo il clima &egrave; fantastico&rdquo;. Sai gi&agrave; cosa farai nel 2023? &ldquo;Sicuramente torner&ograve; nel CIVS per puntare alla vittoria, anche e soprattutto nella classifica assoluta. Mi piacerebbe per&ograve; correre anche nell'Europeo con una Yamaha R6, che &egrave; molto diversa dal motard a cui sono abituato, ma &egrave; perfetta per quel tipo di gare. Sarebbe bello vivere un 2023 da protagonista anche nel contesto internazionale, sia perch&egrave; sarebbe una bella soddisfazione per noi piloti del sud Italia, che non siamo molti, sia perch&egrave; ormai sono alla soglia dei 50 anni ma voglio ancora divertirmi ad alto livello prima di appendere il casco al chiodo&rdquo;. Pilota e non solo: che colpo per il PHR Performance di Peter Hickman!       

L'esperto pilota campano ha conquistato il titolo 2022 nella Salita con la TM e ha gi&agrave; le idee chiare per il 2023: ecco cosa ci ha raccontato in esclusiva

Carmine Matarazzo: ecco chi è il re delle Supermoto al CIVS

        Non da Castelletto di Branduzzo, dove il 17 ottobre si era chiusa una stagione 2021 contesa fino alla fine, bens&igrave; da Busca. Sempre in Italia &egrave; partito il nuovo campionato S1GP. Nel quale i contendenti hanno dimostrato di essere ancora pi&ugrave; agguerriti, per aprire una nuova pagina di storia di questa specialit&agrave;. Manubri Larghi: la storia di Martina Gallieni Aspettative rispettate  Il World Championship Supermoto ha preso il via con il campione in carica, il tedesco Marc-Reiner Schmidt, deciso a mantenere lo scettro. &Egrave; stato lui a vincere la tappa d&rsquo;apertura, precedendo Thomas Chareyre e Milan Sitniansky. A Busca, Schmidt aveva trionfato gi&agrave; due anni fa nell&rsquo;ultimo round della stagione, ma in quella occasione il titolo gli era sfuggito per un solo punto e la festa fu di Chareyre. Il circuito cuneese &egrave; una pista classica con la Sky Section che sostituisce il tratto off-road, soluzione che sta trovando sempre pi&ugrave; seguito tra i gestori degli impianti grazie alla sua versatilit&agrave; disponibile in ogni condizione climatica. Schmidt era il favorito e ha mantenuto fede alle aspettative realizzando il miglior tempo nelle prove libere e poi nelle cronometrate, anche se poi gli &egrave; sfuggita la Superpole, andata a Thomas Chareyre. Bella gara: il clima ha retto e domenica sera tutti sono rientrati soddisfatti, con il sapore della festa in bocca, perch&eacute; qui si dovr&agrave; tornare per un appuntamento importante. E cos&igrave;, d&rsquo;improvviso, siamo in piena stagione della Supermoto con l&rsquo;avvio della S1GP. Ci si &egrave; arrivati dopo un inverno silenzioso e alcune novit&agrave; da paddock. La stagione 2022, dunque, vede il pilota tedesco, alla corte TM di Ivan Lazzarini (L30 Racing/TM Factory), difendere il proprio primo e, per ora, unico titolo della S1GP. Bene Sammartin  Dal GP Piemonte, i primi responsi sono emersi chiari, con Schmidt che in gara ha centrato il successo in tutte e tre le diverse tipologie di manche, quindi la Race 1, la Fast Race e la Superfinal, accumulando 80 punti per il Mondiale. Il tedesco si &egrave; classificato davanti a Thomas Chareyre, che ha chiuso le tre finali sempre alle spalle del campione in carica, sommando alla fine del weekend 70 punti. In terza posizione, quasi ad assistere da privilegiato alla disputa tra i due titani della specialit&agrave;, il ceco Milan Sitniansky, grazie a un quarto e due terzi posti ottenuti nelle tre gare finali. Ha sfiorato il podio il nostro Elia Sammartin, che dopo aver tribolato nelle prove (il vicentino &egrave; partito dall&rsquo;undicesima casella in Gara 1) ha poi ottenuto un settimo, un quarto e un quinto posto nelle tre gare. Piazzamenti incoraggianti per l&rsquo;azzurro. Sfortunato Lukas H&ouml;llbacher in Gara 2, a causa di problemi all&rsquo;ammortizzatore: in quel momento era saldamente in terza posizione. Dopo l&rsquo;ottimo terzo posto in Gara 1, l&rsquo;austriaco ha poi chiuso quarto nella Superfinal e quinto assoluto. Il ventenne francese Axel MarieLuce &egrave; stato invece il rookie pi&ugrave; veloce in questo primo round stagionale. Lo spagnolo Alex Ruiz Jimenez si &egrave; imposto nel nuovo campionato europeo della classe S4 in ragione di due vittorie di manche, davanti al riminese Kevin Vandi, che ha sommato due piazze d&rsquo;onore, mentre terzo ha finito il tedesco Kevin Zahorak con due quarti posti. Quarto e quinto altri due piloti italiani, Giorgio Cravotto e Marco Malone.       

Schmidt ha ripreso da dove aveva lasciato nel 2021: al vertice della Supermoto

Manubri Larghi: la ripartenza del campionato S1GP

        Si corre nel weekend del 23 e 24 aprile a Colliano (SA) in Campania, nella Valle del Segre, la terza prova degli Assoluti d'Italia Enduro valevole come quarta e quinta giornata di gara del Campionato Tricolore.  Nella foto sopra MacDonald Il percorso percorso di gara di circa 44 km sar&agrave; ripetuto quattro volte sabato e altrettante domenica per totali 350 km. Di questi circa 90 kn di prove speciali comprendenti l&rsquo;EICMA Extreme Test di 2 km, l&rsquo;Enduro Test 24MX di 6km, il Cross Test Just1 di 4 km. Una gara dal sapore di Mundialito che dopo i tre Round disputati a Arma di Taggia (2 giornate di gara), Cavagli&agrave; (1 giornata) vede l&rsquo;australiano Hamish Macdonald (Sherco CH Racing) al comando della Classifica Assoluta con 57 punti, davanti ad Andrea Verona (GASGAS Factory) con 47 punti, e Nathan Watson (Honda Red Moto World Enduro Team), con 43 punti.  Nella foto sopra Verona A chiudere la Top Five Wil sono l'australiano campione in carica, Wil Ruprecht (TM Boano&nbsp;&nbsp;Factory), con 36 punti e Matteo Cavallo (TM Boano Factory) con 29 punti.  Nella foto sopra Ruprecht Le classificahe di campionato, dopo 3 delle 9 giornate di gara  Classifica Assoluta - 1. MacDonald (Aus-Sherco) punti, 57; 2. Verona (Ita-GASGAS), punti 47; 3. Watson (Gbr-Honda-RedMoto), 43; 4.  Ruprecht (Aus-TM Boano), 36; 5. Cavallo, (Ita-TM Boano), 29; 6. Soreca (Ita-Husqvarna) 23; 7. Espinasse (Fra-Beta), 23; 8. Oldrati (Ita-Honda-RedMoto), 18; 9. Milner (Aus-Fantic), 16; 10. Persson (Sve-Husqvarna), Le Quere (Fra-Sherco), 14; 12. Freeman (Gbr-Beta), 13; 13. Guarneri (Ita-Fantic), 12; 14. Holcombe (Gbr-Beta), Salvini (Ita-Husqvarna), 11.  Nella foto sopra Salvini Classe 125 2T - 1. Philippaerts (TM-Boano) punti 60; 2. Delbono (GASGAS), 49; 3. Grigis M. (GASGAS), 47; 4. Paolucci (KTM), 37; 5. Mei (Beta), 35. Classe 250 2T &ndash; 1. Gardiol (TM-Boano), punti 60; 2. Micheluz (Husqvarna), 51; 3. Marmi (KTM), 41; 4. Grigis T. (GASGAS), 30; 5. Valentini (Husqvarna), 29. Classe 300 2T - 1. Guarneri (Fantic); punti 60; 2. Pavoni (TM-Boano), 51; 3. Musso (Sherco), 45; 4. Marcotulli (Beta), 37; 5. Ciani (KTM), 35. Classe 250 4T - 1. Verona (GASGAS), punti 60; 2. Cavallo (TM-Boano), 49; 3. Soreca (Husqvarna), 45; 4. Oldrati (Honda-RedMoto), 41; 5. Bernardini (Honda-RedMoto), 33. Classe 450 4T - 1. Martini (Beta) punti, 54; 2. Salvini (Husqvarna), 53; 3. Moroni (Honda-RedMoto), 47; 4. Mancuso (KTM), 34; 5. Quarti (Husqvarna), 30. Junior &ldquo;Under 23&rdquo; - 1. Lesiardo (Sherco) punti, 49; 2. Spanu (Honda-RedMoto), 46; 3. Morettini (KTM), 41; 5. Macoritto (Fantic), 40; 5. Rinaldi (GASGAS), 38. Youth &ldquo;Under 21&rdquo; - 1. Cristino (Fantic), punti 60; 2. Elgari (Beta), 49; 3. Verzeroli (GASGAS), 45; 4. Bernini (Beta), 41; 5. Corsi (Fantic), 27. Women: 1. Nocera (Honda-RedMoto) punti, 60; 2. Lazzarino (Beta), 34; 3. Givonetti (TM), 28. 50 Codice - 1. Cagnoni (Vent) punti, 57; 2. Milani (Fantic), 41; 3 Piersigilli (Beta).  Nella foto sopra Watson Classe Stranieri - MacDonald (Sherco CH Racing) 60 punti; 2. Watson (Honda-RedMoto), 49; 3. Ruprecht (TM Boano Factory) 43 punti. Le Classifiche della Coppa Italia  1. Nocera (Honda-RedMoto 60 punti; 2. Lazzarino (Beta) 34; 3. Givonetti (TM Racing) 28.Cadetti - De Biasi (Fantic), punti 47; 2. Rampoldi (Fantic) 45; 3. Alcaras (GASGAS), 40. Junior - 1. Dovetta (KTM) punti 49; 2. Bracco (Husqvarna), 37; 3. Rosano (Fantic), 35.  Senior - Vignone (GASGAS) punti, 40; 2. Collavo (Honda Team Specia), 38; 3. Demichelis (Beta), 37. Major - 1. Questi (KTM) puti, 54; 2. Volpi (Honda), 46; 3. Rossi (Husqvarna), 44&ugrave;. Per tutti gli aggiornamenti, i risultati e le informazioni vedi il nuovo sito:www.enduro.federmoto.it       

C'&egrave; grande attesa questo weekend per la terza prova degli Assoluti d'Italia Enduro nella Valle del Segre in provincia di Salerno, con una gara valida come quarta e quinta giornata di gara del Campionato Tricolore 2022

Gli Assoluti d'Italia Enduro ripartono da Colliano Terme per la terza prova

        Pronti, via: quella che sar&agrave; storicamente la 19esima stagione tricolore dei Campionati Assoluti d'Italia Enduro, la cui prima edizione risale al 2003, prender&agrave; il via sabato 5 e domenica 6 marzo a Arma di Taggia con una serie di importanti cambiamenti.  Dal 7 gennaio 2022 la FMI ha ufficializzato alla Offroad Pro Racing l'incarico quadriennale di nuovo promoter dell'Enduro italiano, che si &egrave; aggiudicata il bando di concorso indetto dalla FMI per 4 stagioni fino al 2025, ed avr&agrave; come title sponsor EICMA, segno evidente dell&rsquo;interesse verso il fuoristrada dell&rsquo;Ente Nazionale del Ciclo-Motociclo il cui attuale presidente, Paolo Magri, ha avuto anche un passato come pilota di successo nell&rsquo;enduro. Un cambio avvenuto dopo 22 anni di mandato alla Maxim, quest&rsquo;ultima accordatasi con FIM Europa per la promozione del Campionato Europeo. In concreto una &ldquo;new revolution&rdquo; perch&eacute; la decisione della FMI di affidare tutti i campionati tricolori enduro a Alfredo Lenzoni, a capo di Offroad Pro Racing, fanno ben sperare in quanto gi&agrave; promoter degli Internazionali Cross MX e Supercross, Junior MX, E-Bike Enduro e Cross, Motolive EICMA, coinvolto anche con le prove MXGP in Italia e prima ancora nell&rsquo;organizzazione degli indoor MX e Enduro a Genova.  L&rsquo;esperienza di Lenzoni unita alle sue idee vulcaniche, agli ottimi rapporti mediatici e TV, hanno visto anche Franco Gualdi, Coordinatore del Comitato Enduro FMI guardare al futuro dell&rsquo;enduro italiano con fiducia: &ldquo;Siamo certi che con Offroad Pro Racing svolgeremo un ottimo lavoro perch&eacute; tutti i 17 Moto Club coinvolti nell&rsquo;organizzazione delle prove tricolori enduro 2022 hanno ribadito piena collaborazione e gi&agrave; dalla gara di Arma di Taggia, gli Assoluti prenderanno il via gi&agrave; nel tardo pomeriggio di venerd&igrave; sulla spiaggia illuminata con la novit&agrave; della speciale prologo limitata ai primi 240 piloti del ranking nazionale&rdquo;. Novit&agrave; di rilievo agli Assoluti anche per le moto dei piloti in gara, che per la prima volta potranno utilizzare una targa sostitutiva all&rsquo;originale realizzata artigianalmente su fondo giallo con lettere e numeri neri (prevista dalla Legge 156 del 9.11.2021) sempre delle stesse dimensioni della targa originale rilasciata dalla Motorizzazione. Questa possibilit&agrave; &egrave; esclusivamente riservata ai piloti FMI in gara e non a meccanici o appassionati in moto al seguito dell&rsquo;evento, le cui moto dovranno avere la targa autentica. Insomma, si ripartir&agrave; con il campione Assoluto 2021, Wil Ruprecht nelle vesti di uomo da battere anche se l&rsquo;australiano del Team TM-Boano dovr&agrave; vedersela con parecchi avversari. Principali rivali di Ruprecht nella corsa al titolo assoluto saranno il connazionale Daniel Milner al debutto con la Fantic 450 4T, i due inglesi Brad Freeman (Beta 300 2T) e Nathan Watson al ritorno agli Assoluti con la Honda-RedMoto 450 4T ed autentico specialista dei terreni sabbiosi, il rientrante Loic Larrieu (Fantic 250 4T), l&rsquo;ufficiale Sherco, Antoine Magain (250 4T), lo svedese neo acquisto Husqvarna 300 2T Mikael Persson.  Sherco schierer&agrave; saltuariamente anche Hamish MacDonald (300 4T), Daniel MacCanny (300 2T) e Zach Pichon (250 2T). Assenti per il momento Steve Holcombe (Beta 350 4T) e Josep Garcia (KTM 350 4T) impegnati fino a met&agrave; marzo negli Usa con il campionato GNCC.  Ma a cercare di interrompere il digiuno dei piloti italiani per Titolo Assoluto che dura ormai dal 2016, quando fu Alex Salvini l&rsquo;ultimo azzurro a vincere il titolo di Super Campione, figura anche l&rsquo;agguerrita &ldquo;pattuglia tricolore&rdquo;.  Tanti i pretendenti: Matteo Cavallo (TM 250 4T), Andrea Verona (GASGAS 250 4T), Thomas Oldrati (Honda-RedMoto 250 T), Samuele Bernardini (Honda-RedMoto 250 4T), Davide Guarneri (Fantic 300 2T), Alex Salvini (Husqvana 450 4T).  Top ten nel mirino anche per i giovani Talenti Azzurri FMI: Matteo Pavoni (TM 300 2T), Lorenzo Macoritto (Fantic 250 4T), Manolo Morettini (KTM 250 4T), Enrico Zilli (Honda 450 4T), Enrico Rinaldi (GASGAS 350 4T), Claudio Spanu (Honda-RedMoto 250 4T).   Della partita altri giovani stranieri; Roni Kytonen (Honda-RedMoto), Max Ahlin (Beta), Kade Tinkler (KTM), Jed Etchells, Albin Norrbin, Pyry Juupaluoma (Fantic), Samuli Puhakainen (TM) e i tre &ldquo;senatori azzurri&rdquo; Gianluca Martini (Beta), Rudy Moroni (Honda-RedMoto), Maurizio Micheluz (Husqvarna-Osellini). Nelle singole cilindrate la 125 2T cambio di classe per il campione 2021 Davide Guarneri che passer&agrave; alla 300 2T col compito di portare al debutto la nuova Fantic XE 300 2T.  La lotta per il primato della 125 2T dovrebbe vedere in lizza il vice tricolore 2021, Giuliano Mancuso (KTM) come principale avversario del rientrante Deny Philippaerts (TM). Maurizio Micheluz parte con i favori del pronostico della 250 2T con Jordi Gardiol (TM) e Andrea Belotti (KTM) come sicuri avversari. Nella 300 2T occhi puntati sul campione Junior 2021 Matteo Pavoni che debutter&agrave; in questa classe contro un avversario del calibro di Guarneri. A dir poco stellare sar&agrave; la lotta per il primato della 250 4T con protagonisti ben sei piloti: il campione in carica Cavallo, Verona, Oldrati, Bernardini, Macoritto (Fantic), Soreca (Husqvarna). Nella 450 4T Salvini punta al suo 15&deg; titolo tricolore con Gianluca Martini (Beta 390 4T) tra i principali avversari insieme a Diego Nicoletti (Husqvarna), Rudy Moroni (Honda-RedMoto 300), Nicola Recchia (Honda-RedMoto). Junior ricca di pretendenti al titolo: Rinaldi, Spanu, Morettini, l&rsquo;ex crossista Morgan Lesiardo (Sherco 300 2T), Simone Cristini (GASGAS 250 2T), Gabriele Pasinetti (Beta 300 2T) e il campione Youth 2021 Riccardo Fabris (GASGAS 250 4T). A contendersi il titolo Youth saranno almeno in otto.  Favorito d&rsquo;obbligo Kevin Cristino (Fantic), con il gruppo degli avversari comprendente Daniele Delbono (GASGAS), Luca Colorio (Husqvarna-Osellini), Lorenzo Bernini (Beta), Lorenzo Giuliani (Beta), Thomas Bastiani (Fantic), Matteo Grigis (GASGAS), Manuel Verzeroli (GASGAS).  Tra le ragazze la pluri campionessa Anna Sappino, quest&rsquo;anno dovr&agrave; vedersela con Elisa Givonetti, Raissa Terranova, Sabrina Lazzarino. Da seguire con attenzione per&ograve; la poliziotta Francesca Nocera, passata dal cross all&rsquo;enduro come neo acquisto del Team Honda-RedMoto Racing anche per il Mondiale Women. Programma gara di Arma di Taggia:venerd&igrave; 4 marzo, Speciale prologo dalle 17.00 sulla spiaggia antistante il lungomare.Sabato 5 e domenica 6 marzo; partenza ore 8.30Percorso 47 Km.: sabato 4 giri, domenica 3. Prove Speciali a giro: Cross Test 2.0 km. sulla spiaggia, Extreme Test 3.5 km., Enduro Test di 7.0 km. Calendario Assoluti Italia 20225-6 marzo Arma di Taggia (IM)10 aprile Cavaglia (BI)23-24 aprile Colliano (SA)29 maggio Passignano sul Trasimeno (PG)17 luglio Ceva (CN)1-2 ottobre Castiglion Fiorentino (AR)       

Assoluti Italia FMI Enduro 2022 con EICMA come title sponsor e nuovo promoter Offroad Pro Racing. Numerosi i cambi di marca e di cilindrata con la pattuglia tricolore a contendere il titolo Assoluto agli stranieri dopo l&rsquo;ultima vittoria del 2016 di Salvini. Campionato su nove giornate di gara con tre prove di due giorni e tre di una giornata.

Campionati Assoluti d'Italia Enduro ai nastri di partenza

Sar&agrave; un weekend dalle forti emozioni, quello che gli appassionati potranno vivere a Misano dal 22 al 24 ottobre, quando il Motomondiale torner&agrave; in Riviera per il GP del Made in Italy e dell&rsquo;Emilia Romagna.  MotoGP, Alex Marquez: un 2021 in caduta libera  Una pianta per Marco   Gara che si disputer&agrave; sul circuito intitolato a Marco Simoncelli, a dieci anni esatti dalla sua scomparsa. Un commovente intreccio di date e ricorrenze che vedr&agrave; il proprio culmine sabato 23, giorno del triste anniversario della morte del Sic. Dopo le Qualifiche, si terr&agrave; una cerimonia presso la curva Quercia, dove verr&agrave; piantata un&rsquo;omonima pianta in ricordo del pilota romagnolo. Un po&rsquo; come accaduto a Sepang, in Malesia, dove una palma fu innestata nelle vicinanze della curva dove Marco perse la vita nel 2011.  Un giro in onore di Fausto   Non sar&agrave; l&rsquo;unico momento toccante del fine settimana: sempre sabato, Luca Gresini scender&agrave; in pista in sella alla Garelli 125 con cui pap&agrave; Fausto vince il titolo mondiale nella classe leggera. Luca sar&agrave; accompagnato dai piloti attuali della Gresini Racing impegnati in Moto2 e Moto3, che utilizzeranno una livrea speciale per ricordare il manager scomparso pochi mesi fa.  Eugenio Lazzarini: &ldquo;Vi racconto la mia Misano&rdquo; 

Il weekend del GP Emilia Romagna promette emozioni forti, fortissime: gli amatissimi Marco Simoncelli e Fausto Gresini verranno ricordati con due toccanti cerimonie

MotoGP: a Misano un tributo da brividi per Simoncelli e Gresini

Prima di Misano &ndash; del circuito di Misano &ndash; abitare a Pesaro era come il supplizio di Tantalo. Anche se siamo gi&agrave; nelle Marche, la passione &ldquo;del motore&rdquo; soffia forte quanto nella vicinissima Romagna, ma le piste permanenti pi&ugrave; vicine erano Vallelunga e Modena (e non ancora Imola, almeno per poter provare). Lontane, troppo lontane. Averne una a 25 chilometri da casa fu una bella novit&agrave; per Eugenio Lazzarini, colui che sarebbe diventato il re delle piccole cilindrate: tre titoli mondiali in fila dal 1978 al 1980, uno nella classe 125 e due nella 50, otto volte vice campione del Mondo. E una nomina a commendatore conferita nel 2003 dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a lui e a diversi altri piloti tra i quali Pier Paolo Bianchi. &ldquo;L&rsquo;arrivo del nuovo circuito fu una cosa importante perch&eacute; mi permise di allenarmi molto pi&ugrave; spesso, e mi ci sono sempre trovato bene &ndash; &egrave; la conferma &ndash;. Per&ograve; era una pista abbastanza facile e molti piloti italiani vi andavano a girare di frequente, quindi per fare la differenza bisognava impegnarsi parecchio. Se volevi girare sul record dovevi andare al limite da tutte le parti. Qualcosa cambi&ograve; quando l&rsquo;asfalto cominci&ograve; a deteriorarsi perch&eacute; bisognava fare ancora pi&ugrave; attenzione a prendere la traiettoria giusta, e a trovare il confine fra scivolare e non scivolare: a quel punto si riusciva a fare pi&ugrave; differenza&rdquo;.    Graziano Rossi: &ldquo;Il ritiro di Valentino? Come lasciare la donna che ami&rdquo;  &quot;Le 50 non si mettevano di traverso, piuttosto scivolavano&quot;   Il limite dello scivolamento &egrave; un concetto che suona oscuro al giorno d&rsquo;oggi, abituati a moto perennemente in controsterzo. Ma non esiste pi&ugrave; nulla che somigli alle 50 cm&sup3; di allora: &ldquo;zanzare&rdquo; le chiamavano, perch&eacute; il rombo era un ronzio, i cavalli erano pochi, la coppia a regimi stellari. Bisognava guidare con la precisione di un orologiaio svizzero. Come ricorda Eugenio: &ldquo;Le 50 non si mettevano di traverso, piuttosto scivolavano su entrambe le ruote ma se dovevi chiudere il gas e il motore ti andava gi&ugrave; eri finito: non prendeva pi&ugrave;, uscivi piano dalla curva e se cercavi di forzarlo aprendo troppo l&rsquo;acceleratore si ingolfava e perdevi un mare di tempo&rdquo;. Come Bianchi, anche Lazzarini correva a Misano quando sul tracciato si girava in senso opposto. A differenza del riminese, per&ograve;, qualche curva che amava pi&ugrave; delle altre c&rsquo;era. &ldquo;Quella dopo il traguardo mi riusciva benissimo, molti mi venivano a vedere perch&eacute; mentre gli altri levavano una marcia io toglievo soltanto il gas e poi riaprivo, senza cambiare. Il segreto era essere armonioso, dovevi tenere la giusta traiettoria senza far scivolare troppo la moto. Erano molto importanti anche le curve del Carro: si facevano in accelerazione, bisognava tenere aperto e stare il pi&ugrave; possibile in carenatura per arrivare con la massima velocit&agrave; sul rettilineo, dove mettevi l&rsquo;ultima marcia&rdquo;.  La vittoria del 1980 e il duello del 1982   Sul circuito di Misano Lazzarini si aggiudic&ograve; un Gran Premio nella classe 50. Era il 1980, l&rsquo;anno in cui il Santamonica entr&ograve; nel Motomondiale, e non lo scorder&agrave; mai. E non soltanto perch&eacute; il pesarese &ldquo;inaugur&ograve;&rdquo; la Misano iridata. Quel successo ebbe il sapore della vendetta, della vittoria di Davide contro Golia. L&rsquo;anno prima Eugenio aveva vinto il Mondiale con la Kreidler Van Veen eppure era stato lasciato a piedi, campione senza portafoglio. Al suo posto, a fianco dello svizzero Stefan D&ouml;rflinger, era stato preso Ricardo Tormo, che come il pesarese era un grandissimo pilota ma era arrivato con i soldi della Federazione spagnola: tra pagare Lazzarini, per quanto campione del Mondo, e prendere soldi per fare correre Tormo, la squadra olandese aveva scelto la seconda opzione. Il nostro pilota aveva dovuto accontentarsi di una soluzione di ripiego. &ldquo;Qui a Pesaro c&rsquo;era la Iprem, un&rsquo;azienda che lavorava nel settore dei mobili. Nel 1979 aveva fatto correre nel campionato italiano Guido Mancini, con una delle Kreidler che vendevano ai piloti privati. Per il 1980 mi diedero quella moto&rdquo;.    Lazzarini dunque affront&ograve; la stagione con una moto vecchia di un anno, e senza muletto. &ldquo;La preparammo nell&rsquo;inverno. I tecnici della Van Veen erano molto gelosi dei loro segreti e quando aprivano i motori mi invitavano a uscire, ma io avevo ugualmente visto e capito come lavoravano. Eravamo io e Paolo Marcheselli, un tecnico bravissimo, di Modena, con cui ancora facciamo delle cose insieme. Modificammo il motore, le ruote, la carenatura, quelle cose che riuscimmo a fare nel poco tempo a disposizione&rdquo;.  L&rsquo;inizio della stagione era alle porte e il GP Nazioni era la prima gara. Nello scontro fra le Kreidler ufficiali di Tormo e D&ouml;rflinger e quella privata di Lazzarini, ribattezzata Iprem come lo sponsor, non ci sarebbe dovuta essere storia. &ldquo;Invece fin dalle prove si accorsero che andavo forte. Vinsi e ci rimasero molto male, per me fu una bella soddisfazione personale. Partimmo tutti e tre in mezzo al gruppo ma io riuscii ad andare in testa e a prendere un margine di due-tre secondi che conservai fino alla fine. La seconda gara del campionato era in Spagna e si presentarono agguerriti pi&ugrave; che mai, ma all&rsquo;ultimo giro riuscii a superare D&ouml;rflinger e vinsi un&rsquo;altra volta. Alla fine dell&rsquo;anno conquistai anche il Mondiale&rdquo;.  Lazzarini poi pass&ograve; alla Garelli e continu&ograve; a essere protagonista, sempre contro Stefan D&ouml;rflinger e la Kreidler. Ma nel duello dell&rsquo;82 il finale fu differente. &ldquo;Quell&rsquo;anno vinsi tre gare ma non il titolo perch&eacute; proprio a Misano dopo una caduta nelle prove, i medici non mi avevano permesso di correre. E mi mancarono proprio quei punti. La mia vittoria nella gara del Mugello, penultima del Mondiale, fu una cosa abbastanza scontata: la moto andava forte. All&rsquo;inizio dell&rsquo;anno per&ograve; non mi sentivo cos&igrave; tranquillo: la Garelli aveva fatto progettare un motore 50 a due giovani ingegneri, io avevo fatto il telaio, e quando provammo in pista la moto nuova, a Monza, vedemmo che proprio non andava. Avevano fatto scelte strane, come l&rsquo;albero motore senza paraoli, ma non funzionava. Cos&igrave; il motore venne fermato l&igrave; e venne assunto Jan Thiel che ne costru&igrave; uno nuovo, usando alcune parti Kreidler perch&eacute; erano rimasti soltanto tre-quattro mesi prima dell&rsquo;inizio del campionato&rdquo;. Misano &egrave; anche il ricordo di una brutta caduta. &ldquo;Fu al Curvone, con la Iprem 125 bicilindrica. Ero a tutta velocit&agrave;, si inchiod&ograve; e feci un gran ruzzolone. Non mi fermavo pi&ugrave;, per fortuna me la cavai con soltanto delle abrasioni...&rdquo;.  &nbsp; 

Nel 1980 inaugur&ograve; la Misano iridata con un successo nella 50 che ebbe il sapore della rivincita: &quot;Avevo vinto il titolo, eppure la Kreidler non mi conferm&ograve;. Con una moto vecchia di un anno sconfissi il gigante: trionfai in casa e conquistai il Mondiale&quot;

Eugenio Lazzarini: &ldquo;Vi racconto la mia Misano&rdquo;

Un secolo pi&ugrave; un decimo del totale, ovvero 110 anni. A toccare questo impressionante traguardo &egrave; il Campionato Italiano Velocit&agrave; che, disputando il round di Vallelunga programmato nel weekend, celebra una lunga storia motociclistica costituita da mezzi meccanici, gare, circuiti, persone e racconti.&nbsp;  Tutte storie di successo, per un primo evento datato 1911, proprio ad ottobre, nel giorno 8, su un tracciato allestito da pianura a montagna. Nel percorso Milano-Aprica-Milano vennero assegnato i primi titoli nazionali, per un Campionato ad aprire le serie in prova unica.  Tra i 21 partenti, si ricordano le vittorie di Carlo Pusteria, capace di portare in vetta la sua Triumph, sino a poi festeggiare nel capoluogo lombardo il trionfo nella classe da 500 centimetri cubi. Mario Acerboni con la Frera si aggiudic&ograve; la terzo di litro, guidando una cavalcatura da 334 centimetri cubi.&nbsp;  1911-1939: dai pionieri alla Seconda Guerra Mondiale     L&#39;essere umano, si sa, adora complicare la propria quotidianit&agrave;, sino ad entrare il conflitto con altri essere della stessa specie. Cos&igrave; accadde durante il primo conflitto Mondiale, sicch&eacute;, niente gare di moto. Appena cessate le ostilit&agrave;, tutto torn&ograve; ad essere bello: nel 1919 a Cremona ecco il ritorno delle attivit&agrave; agonistiche.  Poi, nel 1920 l&#39;edizione in prova unica nel Circuito Valli del Ticino, con ben 84 partenti e quattro classi programmate. Tenete conto che in quell&#39;epoca le due ruote erano il mezzo di trasporto per eccellenza, poich&eacute; pratico, economico e facilmente reperibile.  Dal 1921 il Campionato Italiano cominci&ograve; a disputarsi in 12 prove, per tre suddivisioni fondamentali: 4 in circuito, 4 in salita e 4 in gran fondo, quest&#39;ultima fascia includente il Raid Nord-Sud con relativo punteggio maggiorato. Tanti i nomi scrittori di affermazioni ed imprese, tra&nbsp; i quali Ruggeri, Pusteria, Benelli, Tenni e Pigorini. E poi, &quot;lui&quot;, Tazio Nuvolari, titolato 500 e 350 negli anni nelle annata 1924 e 1926.  1946-1972: i circuiti cittadini e Giacomo Agostini     Siccome non sempre l&#39;essere umano impara dai propri errori, ecco di nuovo una Guerra Mondiale, chiamata &quot;Seconda&quot; e durata dal 1940 al 1945. Tutto sommato l&#39;industria motociclstica non ne soffr&igrave;, anzi: i soldati usavano modelli di ogni tipo per muoversi e, di conseguenza, il movimento andava avanti.  Infatti, deposte le armi, gli &quot;ordigni&quot; continuarono ad esprimer la propria voce. Per&ograve; erano suoni pi&ugrave; positivi di quanto non fossero fucili e pistole. I circuiti cittadini spopolarono e nel 1953 venne inaugurato l&#39;autodromo di Imola, vanto nostrano e che tutti ci invidiano (ma che pochi valorizzano).  Si aggiunsero Monza e Modena e lo stesso Vallelunga, nato come ippodromo e trasformatosi in pista di eccellenza. Volete altri nomi tuttora e per sempre indimenticabili? Eccoli qui: Umberto Masetto, Libero Liberati, Enrico Lorenzetti, Tarquinio Provini, Carlo Ubbiali, Remo Venturi e Renzo Pasolini. E poi, come scritto prima, ecco un secondo &quot;lui&quot;: Giacomo Agostini, per la prima volta in trinf&ograve; nel 1963 nella 250: quell&#39;alloro apr&igrave; la striscia di 16 titoli nazionali. Lui &egrave; il pi&ugrave; vincente di sempre.  1973-1999: l&#39;era degli autodromi     In un periodo storico relativamente &quot;tranquillo&quot;, il motociclismo cap&igrave; che il professionismo richiedeva esigenze diverse. Per esempio, l&#39;uscita dei tracciati cittadini in virt&ugrave; di cordoli e quant&#39;altro. L&#39;inaugurazione del Santamonica avvenne nei primi anni Settanta e tutt&#39;ora si chiama Misano World Circuit. Mica male come storia di successo.  Ed ecco un altro impianto pronto a diventare Mondiale come lo &egrave; il Marco Simoncelli: nella valle del Mugello nacque il... Mugello, pista che tutti, credeteci, tutti i piloti amano e sfidano, perch&egrave; quelle pieghe rappresentano una sfida vera e propria.  La serie si evolveva pass&ograve;-passo, proponendo al via giovani promesse e astri gi&agrave; in auge. Ecco alcuni esempi in ordine sparso: Fabrizio Pirovano, Marco Lucchinelli. Eugenio Lazzarini, Walter Villa, Pierpaolo Bianchi, Loris Reggiani, Ezio Gianola, Pierfrancesco Chili, Luca Cadalora. Franco Uncini, Davide Tardozzi, Fausto Gresini. Marcellino Lucchi, Paolo Casoli, Marco Melandri, Manuel Poggiali ed il terzo &quot;lui&quot;: Valentino Rossi.&nbsp;  Anno 2000, ecco il CIV   Bisognoso di rilancio, il Campionato Italiano si prepar&ograve; all&#39;ulteriorire evoluzione. La Commissione Tecnico Sportiva FMI scelse tra le proposte quella presentata da un Societ&agrave; riminese composta da Giuseppe Morri, ex titolare della Bimota, e da Alberto Fantini, organizzatore e Direttore di Gara internazionale. Le classi ammesse erano cinque: Superbike, Supersport, Superstock, 250 GP e 125 GP.  Nel 2001 ci fu l&#39;arrive del cronometraggio unico assicurato dall&rsquo;equipe di Perugia Timing, la stessa che operava nel mondiale Superbike. I nomi dei protagonisti dell&rsquo;epoca erano quelli di Cruciani, Pedercini, Brignola, Roccoli, Polita. E poi ancora Petrucci, Savadori, Gramigni, Scassa, Borciani, Pirro, Baiocco. Nel 2009 poi l&rsquo;altro importante cambio per il massimo Campionato della velocit&agrave; nazionale: la gestione, organizzazione e promozione realizzata direttamente dalla FMI, che mise in piedi un profondo rinnovamento che prosegue ancora oggi.  2012-2017: le idee (vincenti) Moto3, PreMoto3 e Supersport 300   L&#39;essere umano non commette solo errori, tuttaltro. Rimanendo in ambito motoristico a due ruote, il Campionato Italiano Velocit&agrave; sfoder&ograve; le classi Moto3, PreMoto3 e Supersport 300. La prima &egrave; ancora presente nel Bel Paese, una delle poche serie nazionali a vantare di averla, come &egrave; d&#39;orgoglio elencare campioni quali Kevin Calia, Lorenzo Dalla Porta e Marco Bezzecchi.  La PreMoto3 rappresenta la categoria di accesso in circuiti mondiali con motociclette dotate di ruote da 17 pollici. Tanti i talenti poi lanciati nelle classi successive. Facciamo altri esempi? Certo: Celestino Vietti Ramus e Tony Arbolino, entrambi protagonisti del Motomondiale.  La cosiddetta &quot;300&quot; venne lanciata nel 2017 e poi fu fonte di ispirazione per la cugina iridata che propone ogni volta record di iscrizioni. Perch&eacute; la piccola Supersport &egrave; una giusta idea, economica, per modelli derivati di serie e completa il panorama nostrano, in primis, figurando pure nella classifiche internazionali.&nbsp;  Il bellissimo presente    Dal 1911 ad oggi ne sono successe di cose e ognuna di esse costituisce la storia del Campionato Italiano Velocit&agrave; 2021, pronto all&#39;atto finale di Vallelunga e con la testa gi&agrave; al prossimo anno. La conferma che nella classe Superbike scegliere la centralina unica MoTec per tutti i team conferisce sicurezza al presente e forza futura.  La Moto3 continuer&agrave; a sperimentare, proponendo gli economici e sfruttabili propulsori da 450 centimetri cubi, ben accolti anche per la loro minor capacit&agrave; di inquinamento acustico. Il braccetto tra PreMoto3 e Red Bull &egrave; legato alla &quot;coltivazione&quot; di talenti, per un vivaio tricolore sempre rigoglioso.  Infine, leggetevi la lista di campioni elencate nel prossimo H2. Con l&#39;ottavo titolo nazionale, Michele Pirro ha raggiunto al terzo posto della graduatoria generale nomi come Walter Villa e Carlo Ubbiali. Al primo posto c&#39;&egrave; &quot;lui&quot;, Giacomo Agostini, capace di incette vincenti in Italia come nel Mondo.&nbsp;  Il podio dei pi&ugrave; titolati di sempre in Italia   1 - Giacomo Agostini - 16 titoli. (1 in 250 nel 64. 3 in 350 nel 70, 71, 72. 12 in 500 nel 65, 66 e poi dal 68 al 77) 2 - Tarquinio Provini - 11 titoli. (2 in 125 nel 55 e 57. 9 in 175 dal 56 al 59, dal 61 al 63 e nel 65 e 66) 3 - Carlo Ubbiali, Walter Villa, Michele Pirro - otto titoli. (Ubbiali: 6 in 125 nel 50, 51, 52, 56, 59 e 60. 1 in 175 nel 60 e 1 in 250 nel 56 - Villa: 3 in 125 nel 66, 67, 68. 4 in 250 nel 73, 75, 76, 79. 1 in 350 nel 76 - Pirro: 5 in SBK nel 2015, 2017, 2018, 2019 e 2021. 1 in SS600 nel 2009 e 2 in STK1000 nel 2007, 2008)  &nbsp;  &nbsp; 

Cominci&ograve; proprio nell&#39;ottobre di 110 anni fa la storia del Campionato Italiano Velocit&agrave;, che ha nel pi&ugrave; vincente della sua bellissima storia il pluri iridato Giacomo Agostini

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